I cinque passi che possono portare alla pace. Ecco la “road map”
1. Il primo riguarda la sanguinosa ferita di Mariupol, che potrebbe venire dichiarata «città aperta» nel senso che gli eserciti in lotta lasciano «libera» la città in vista di una trattativa sul suo status futuro. La garanzia di sicurezza dovrebbe venire garantita da una polizia internazionale sotto egida Onu.
2. Un altro passo è realizzare un vero referendum a Kherson sotto la stretta supervisione di osservatori internazionali dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che formalmente annovera ancora fra i suoi membri pure la Federazione russa. Al voto devono partecipare tutti gli abitanti registrati prima dell’invasione del 24 febbraio e non solo quelli ancora nella città occupata dai russi.
3. Il nodo più complicato del Donbass dovrebbe venire sciolto prevedendo un intervento di caschi blu italiani che separi le forze in campo facendole arretrare a distanza di sicurezza. Oltre agli scarponi sul terreno possiamo offrire una base di dialogo sullo status del Donbass che si basa sul modello Alto Adige. Da noi ha funzionato mettendo a tacere le bombe ed era una proposta sul tavolo dopo l’esplosione del Donbass otto anni fa, ma poi si è preferito «dimenticare» il conflitto nel cuore dell’Europa.
4. Per una pace, o almeno una tregua, serve il congelamento delle posizioni. Per ottenere un cessate il fuoco.
5. Il quinto e più ostico punto della road map riguarda il calendario del ritiro delle forze russe dalle zone occupate collegato all’accettazione e sviluppo dei passi precedenti.
Forse questo articolo è soltanto un’illusione, ma giusta o sbagliata che sia questa road map, l’importante è pensarci in questa oppure in altre formule. Altrimenti rischiamo di perdere per sempre l’unica vera vittoria dopo la seconda guerra mondiale: 77 anni di pace nell’Europa unita, fino al 24 febbraio.
IL GIORNALE
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