Intesa M5S-Leu, è frenata. Ma Bersani: “In autunno una convention dei progressisti”

di Lorenzo De Cicco

La tentazione di un nuovo nome e un nuovo simbolo c’è. Giuseppe Conte ci ragiona da mesi, da quando è rimasto invischiato nelle beghe tribunalizie, i ricorsi presentati in batteria dagli attivisti dissidenti di Napoli che, dice l’ex premier, «si divertono così». È anche un calcolo elettorale, a 8 mesi dalle politiche: il brand M5S è ammaccato; alle amminitrative del mese prossimo, salvo clamorosi rovesci dei pronostici, subirà un altro colpo.

Meglio cambiare: non solo un restyling del logo, dunque, col suo cognome in rilievo (un primo test c’è stato già in alcune elezioni provinciali a marzo). Ma anche un «nuovo nome», confermano fonti del quartier generale 5S a Campo Marzio. Conte però non vuole far passare l’idea che la “nuova cosa” in gestazione sia schiacciata a un estremo politico piuttosto che a un altro. «Non proverà a fare il Melenchon italiano», dice un big stellato. «Vuole tenere dentro anche i moderati». Ecco perché l’ipotesi di una costituente di sinistra, che agganci al treno stellato Articolo 1, Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza — ipotesi pure discussa in queste settimane — ieri è stata smentita dai vertici del Movimento: «Fantasie». Anche se, come rimarca il vicepresidente M5S, Mario Turco, «con Articolo 1 condividiamo molti temi comuni e abbiamo fatto un ottimo lavoro insieme nel corso del governo Conte II».

La vicinanza con quel pezzo di sinistra, che Conte però l’altro ieri al summit Ambrosetti di Sorrento ha definito comunque «estrema», è dimostrata dal fatto che in Parlamento, e nei territori, grillini ed esponenti di Articolo 1 si parlano. E spesso dicono le stesse cose. Anche Roberta Lombardi, prima storica capogruppo 5 Stelle alla Camera, ora assessora giallorossa nella giunta del Lazio di Nicola Zingaretti, si pente del famoso streaming, gelido, con Bersani, nel 2013: «Sullo stare insieme in un partito, non commento scenari ipotetici e di cui non sono a conoscenza», dice Lombardi, «ma dal 2013 vengo ricordata come quella che maltrattò Bersani mentre non era mia intenzione offendere la persona e se questo è passato, mi scuso ancora».

Proprio Bersani lancia ora una «convenzione dei progressisti», da organizzare «in autunno». Non è una strizzta d’occhio rivolta solo al M5S, ma anche al Pd. «Noi diamo una mano per federare i progressisti e ricomporre la sinistra, su un programma nuovo — ragiona Bersani — . Fuori da qui c’è solo il gioco dei quattro cantoni, a somma zero».
Certo è che nel campo largo immaginato da Enrico Letta si apre quasi ogni giorno un fronte polemico tra M5S e Pd, mentre con Bersani & Co. i grillini vanno d’amore e d’accordo. L’ultimo attrito dem-5 Stelle è sul termovalorizzatore di Roma.

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