La guerra al punto di partenza, i russi seguono il copione di sempre: conquistare dopo aver distrutto

Conquistare dopo aver distrutto significa entrare in una terra resa inabitabile e raccogliere progressi che si possono quantificare solo come estensione territoriale. Ma resta da chiedersi a che scopo, e con quale prospettiva, se parliamo di zone in cui la maggior parte degli edifici civili e delle infrastrutture sono danneggiati se non distrutti, paesi svuotati della quasi totalità dei cittadini, che restano abitati solo da chi è troppo povero per andare via, i malati impossibili da evacuare e dagli anziani, abituati alla vita e all’idea della morte, alla guerra in casa da otto anni e, semplicemente, troppo stanchi per scappare. In Donbass, negli ultimi otto anni, sono morte 14 mila persone, tra cui 3 mila civili. Un milione e mezzo di persone avevano già abbandonato l’area negli anni scorsi poi un mese fa, quando è iniziata la seconda fase dell’offensiva, le autorità del Donbass, consapevoli e memori della strategia russa, hanno invitato gli abitanti rimasti a lasciare la regione. La maggior parte ha raccolto l’appello, per i pochissimi altri restano gli scantinati degli ospedali e delle scuole, in attesa di veder evolvere quella che ormai è diventata la battaglia che determinerà il destino dell’intera guerra. La battaglia che riporta la guerra al punto di partenza, dove era cominciata otto anni fa.

È questo l’orizzonte all’inizio del terzo mese del conflitto in Ucraina.

Le truppe russe che raccolgono qualche modesta conquista in città desolate del Donbass, principalmente a Lugansk, e subiscono perdite significative, come a Kharkiv, teatro della ritirata dei giorni scorsi, le linee di rifornimento delle truppe di Kiev in Donbass che rimangono aperte e le armi occidentali che sono già arrivate e continuano ad arrivare in attesa che si consumi la battaglia per la strategica Izyum.

In mezzo centinaia di migliaia di sfollati e città diventate terra desolata.

Il presidente Zelenskyy, anche rafforzato dalle conquiste sul campo di battaglia, continua a ribadire che la guerra finirà quando tutti i territori occupati torneranno nei confini ucraini.

La settimana scorsa, Scott Berrier, direttore dei servizi di intelligence militari statunitensi, in un’audizione alla commissione Difesa del Senato ha detto: «al momento in Ucraina non stanno vincendo né i russi né le forze di Kiev. La guerra vive un momento di stallo che potrebbe durare a lungo e non ci sono segnali di una svolta a breve». Stessa posizione della direttrice dell’intelligence statunitense Avril Haines secondo cui è sempre più improbabile che la Russia sia in grado di catturare l’intera regione di Donetsk e Lugansk e stabilire una zona cuscinetto intorno a loro nelle prossime settimane: «Sia la Russia che l’Ucraina credono di poter continuare a fare progressi militarmente, non vediamo un percorso negoziale praticabile, almeno a breve termine».

La battaglia per il Donbass darà dunque la forma alla nuova fase del conflitto. Per capire quale, forse, sarà necessario aspettare qualche settimana. Tempo in cui le zone attraversate dal conflitto si stanno svuotando delle comunità che le abitavano, tempo in cui l’economia ucraina inizia già a soffrire gli effetti di una guerra lunga e logorante.

Questo è lo scenario che dovrebbe allarmare di più gli attori in guerra e gli alleati, non tanto le conseguenze determinate da chi sarà a vincere questa guerra, ma l’eventualità che diventi una guerra senza vincitori e molto lunga. 

LA STAMPA

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