Il grano bloccato minaccia il mondo
Non trovare una soluzione al blocco dei porti significa accelerare il ritorno di uno spettro del passato. Era il 2010 e fu proprio la crisi del prezzo del grano ad alimentare le rivolte che trascinarono in piazza milioni di persone, dando vita alla stagione delle Primavere Arabe e di conflitti – come quello siriano – che dopo undici anni ancora miete vittime.
Per questo, riuniti con lo scopo comune di far fronte all’emergenza, i leader mondiali e i rappresentanti delle Nazioni Unite hanno convenuto che da questa crisi non si esca da soli. Guterres ha invitato i Paesi a donare di più alle organizzazioni umanitarie e a coloro che dispongono di significative riserve di grano e fertilizzanti di farsi avanti rapidamente. I russi, però, hanno respinto le richieste. Secondo l’ambasciatore di Mosca alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, l’aumento del prezzo del cibo è stato causato dalle sanzioni occidentali contro la Russia e non dalla guerra in Ucraina. La Russia non ha accettato nessuna proposta di negoziato per facilitare la spedizione di grano né dal porto di Odessa né da altri porti ucraini. Il Wall Street Journal ha riportato che Guterres e i funzionari statunitensi stanno esplorando una rotta alternativa per le esportazioni di grano dall’Ucraina che passi da Nord con la ferrovia che dalla Bielorussia raggiunge il porto lituano di Klaipeda. In gioco uno dei più fedeli alleati di Putin, il leader bielorusso Alexander Lukashenko, per cui i funzionari stanno valutando un incentivo: una rinuncia di sei mesi alle sanzioni contro l’industria dei fertilizzanti di potassio del paese. Tuttavia, dicono gli esperti, anche se andasse in porto la trattativa con Lukashenko, le rotte terrestri e fluviali non sarebbero sufficienti per spostare i milioni di tonnellate di grano esportati dall’Ucraina ogni anno. Cibo come arma, dunque. Cibo come leva diplomatica. È l’ultima tappa, la più estrema, che segue le decine di attacchi a magazzini di cibo, centri di stoccaggio merci, aziende di surgelati, campi coltivati, silos. Sono stati, spesso, tra i primi luoghi ad essere colpiti nelle città accerchiate dai russi. A dimostrazione che la fame non sia conseguenza della guerra, ma parte della strategia bellica.
LA STAMPA
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