Milan, le pagelle della stagione 2021/22: Pioli stratega (10), Tonali il simbolo, Maignan la sorpresa (9)
Giroud: 8,5
La maledizione della maglia numero 9 è stata finalmente sfatata. Ma se Oliviero ha conquistato San Siro non è stato solo per le reti pesantissime nel derby e a Napoli, ma per la sua generosità: quante corse all’indietro
Ibrahimovic: 8
La leadership, il carisma, non hanno età. Il resto sì. I quaranta si sono fatti sentire, molti gli infortuni, ha giocato più o meno la metà delle partite, dimostrando però che quando sta bene sa ancora fare la differenza, almeno in campionato. Ma la sua centralità in questa doppia impresa — la ricostruzione del Milan e il conseguente scudetto — è sotto gli occhi di tutti. Non esiste controprova, ma ne restiamo convinti: senza Ibra, nulla di tutto questo sarebbe reale.
Tatarusanu: 6,5
Una sola cosa, ma che cosa: il rigore parato a Lautaro nel derby d’andata.
Gabbia: 6,5
Otto presenze: affidabile.
Florenzi: 7
Due operazioni al ginocchio sarebbero abbastanza per rovinare una stagione, invece il jolly ha messo la sua esperienza al servizio del progetto e si è rivelato una risorsa.
Ballo Tourè: sv
Ha fatto la comparsa.
Krunic: 6,5
Soldatino: dove lo metti, sta.
Castillejo: 6
Due assist col Verona all’andata valgono la sufficienza stiracchiata.
Bakayoko: 5
Ai margini. Che delusione.
Rebic: 6
A lungo atteso, mai davvero protagonista. Lecito attendersi molto di più.
Maldini: 6,5
La rete di Spezia, con papà Paolo emozionato in tribuna, è un’immagine iconica non solo di questa stagione ma dell’intera storia del Milan: buon sangue non mente.
Pioli: 10
Iscrive il suo nome nell’elenco dei grandi allenatori della storia del Milan ed è giusto così, perché è stata davvero un’impresa: la sua non era la squadra più forte del campionato, ma è stata la migliore. Stratega, motivatore, tattico, psicologo: Pioli è stato tutto questo, senza mai perdere il suo understatement, la sua buona educazione, nemmeno dopo quei terrificanti errori arbitrali che avrebbero portato chiunque a dare di matto. «È bravo ma non è un vincente», dicevano. Eccola qua, la meritatissima rivincita del Normal One.
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