I cavalieri del grande centro tra pacifismi e nemici
Le parole pronunciate da Silvio Berlusconi, tre giorni fa, all’uscita dal ristorante «Cicciotto a Marechiaro» davano un’innegabile sensazione di schiettezza. Maggiore, l’autenticità, di quella rintracciabile nelle declamazioni dello stesso Berlusconi il giorno successivo alla Mostra d’Oltremare. Fuori dal locale napoletano, l’ex presidente del Consiglio aveva detto in modo nitido che — fosse per lui — si dovrebbe smettere di dare armi all’Ucraina; che, qualora si decidesse di continuare a fornire armamenti alla resistenza antirussa, bisognerebbe farlo di nascosto; e che l’Europa dovrebbe impegnarsi a costringere Zelensky a prestare ascolto alle indicazioni che gli vengono da Putin. Una cosa, quest’ultima, che fin qui non aveva proposto neanche Vito Rosario Petrocelli.
L’indomani, alla convention di Forza Italia, Berlusconi è stato meno sorprendente limitandosi a rievocare la propria militanza atlantica risalente al 1948 (stavolta omettendo però ogni menzione di Putin). E a richiamare il rischio che l’Africa venga lasciata in mano ai cinesi. Senza tralasciare l’appello per un coordinamento militare comune della Ue. Evocazione, quella dell’«esercito europeo», alquanto diffusa nel discorso pubblico italiano, ad uso di chi intenda manifestare una qualche presa di distanze dagli Stati Uniti.
Berlusconi ovviamente non si è poi sentito in obbligo di rettificare quel che aveva detto all’uscita dalla trattoria. Parole venute dal cuore, pronunciate nella consapevolezza che avrebbero avuto la dirompenza di un missile piovuto dalla Russia sulla politica italiana. Con conseguenze fin d’ora ben individuabili.
L’allocuzione da «Cicciotto a Marechiaro» ha aperto la via per la nascita — all’insegna del no alle armi all’Ucraina — di un nuovo Grande Centro del quale faranno parte Lega, Forza Italia e Movimento Cinque Stelle. Schieramento al quale Berlusconi porterà in dote l’ancoraggio al Partito popolare europeo. E che costituirà una sorta di approdo naturale per tre partiti anomali che hanno fatto la storia di questi trent’anni (Berlusconi più degli altri, quasi venti). M5S, Lega e Fi hanno all’attivo d’aver ottenuto, in fasi diverse del trentennio, alcuni ragguardevoli record di voti. Favorite (talvolta danneggiate) dalla presenza di leader impegnativi.
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