Gli Usa vogliono il default russo. Mosca: “Pagheremo in rubli”

Angelo Allegri

Le guerre finanziarie sono fatte di atti concreti e di gesti simbolici. L’ultima decisione del Dipartimento del Tesoro Usa è l’una e l’altra cosa: nella notte di mercoledì ha lasciato scadere senza rinnovarla l’esenzione alle sanzioni che consentiva alla Banca centrale russa di pagare in dollari gli interessi sui bond venduti agli investitori di tutto il mondo. In pratica fino all’altro ieri i funzionari guidati da Elvira Nabiullina potevano utilizzare il circuito bancario internazionale per la conversione della valuta e i pagamenti, d’ora in avanti non sarà più così. Con la conseguenza che l’insolvenza di Mosca sul debito è sempre più vicina.

Il Ministero delle Finanze russo ha replicato annunciando che procederà al versamento degli interessi in rubli, ma non tutti i prestiti lo consentono. Domani, per esempio, scatta il pagamento delle cedole per due bond diversi con un valore totale di poco superiore ai 100 milioni di dollari. Uno prevede che le cedole siano, in caso di necessità, pagate anche in valuta russa; l’altro lo esclude. Se Mosca non pagherà, inizierà il cosiddetto periodo di tolleranza lungo 30 giorni e si andrà dunque a fine giugno, periodo nel quale verranno a maturazione cedole per altri 400 milioni di dollari. Per questo alcuni osservatori prevedono che il default diventi effettivo nel mese di luglio.

Sul breve termine l’insolvenza di Mosca non avrà conseguenze clamorose. Come ha spiegato nei giorni scorsi la Presidente della Federal Reserve Janet Yellen, in seguito alle sanzioni la Russia già «non è in grado di finanziarsi sui mercati finanziari internazionali e se mancherà il pagamento sul debito non ci saranno grandi cambiamenti».

Ciò nonostante gli americani sembrano decisi a costringere Mosca al default, il primo dopo quello degli anni di Eltsin nel 1998 e quello, ormai storico, del primo governo bolscevico nel 1917. Agli occhi di Washington l’insolvenza è un’arma in più che si aggiunge alle sanzioni per costringere Mosca in un angolo. I creditori potranno fare causa al governo di Putin, cercando di bloccare tutti i beni posseduti all’estero. Lo stigma reputazionale e i meccanismi dei mercati finanziari finiranno per rendere più difficili e costosi anche i rapporti con Paesi terzi, come la Cina, che non hanno aderito alle sanzioni.

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