Illusioni e false promesse su tasse e concorrenza

Il secondo grande tema è quello della delega fiscale. Anche in questo caso la percezione pubblica è che si vada finalmente verso il taglio generalizzato delle tasse. Peccato non sia vero. L’attenzione è stata concentrata sulla riduzione delle aliquote Irpef e sulla progressiva abolizione dell’Irap. Ogni gruppo si intesta la parte che più gli conviene. I Cinque Stelle rilanciano addirittura una nuova versione del cashback. La precedente, fallimentare, aveva un costo annuo di 3 miliardi. Viste le promesse di riduzione di alcune tasse, si apre un «buco» di almeno 15 miliardi. Si può sperare che l’Erario incassi più del previsto, come nel 2021, ma la crescita di quest’anno — come ha confermato la Commissione europea nelle sue previsioni — è solo per ora l’effetto di trascinamento (2,4 per cento) dello sviluppo dello scorso anno. Siamo fermi e dovremmo tenerne conto. Nella delega fiscale è prevista anche l’armonizzazione (sublime definizione per non parlare di aumenti) della tassazione sul risparmio e il riordino dell’Iva. La progressiva abolizione dell’Irap — che dovrà necessariamente portare a un ridisegno dell’Ires — ci porta poi al terzo capitolo. L’Irap in origine era stata pensata, raggruppando una serie di tributi, per finanziare il Servizio sanitario nazionale che nel 2021 è costato 127 miliardi (il 4,2 per cento in più, il 7,2 per cento del Pil) che ora grava tutto sulla fiscalità generale. Oltre dieci milioni di italiani sono esentati dall’Irpef, solo il 4 per cento dichiara più di 70 mila euro l’anno, il tasso di evasione del lavoro autonomo e d’impresa è del 69,2 per cento. Davvero crediamo che il Sistema sanitario nazionale, così fondamentale e rivalutato nella pandemia, sia sostenibile nel tempo? Uscire sui balconi, purtroppo, non basta.

CORRIERE.IT

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