Mariupol, quei corpi nel supermercato sono la morte della civiltà
Per questi civili eliminati durante la feroce battaglia urbana non è certo stata una buona morte. Penso che non esista una buona morte, che sia un dolce nascondiglio, una pietosa bugia medievale e cristiana. Al massimo esiste una morte decente, civilizzata. E certo loro non hanno avuto diritto neppure a questa. Ma nel supermercato del viale Svobody siamo oltre. A questi cadaveri abbandonati, ammucchiati si adatta la terribile definizione di Bossuet per i corpi in decomposizione: «Un non so che che non ha nome in nessuna lingua». E’ così: sono morti indicibili. Sono la morte tutta nuda, che non ha soltanto giustificazione ma neppure nome. Riportati brutalmente al principio universale di distruzione. Stiamo lì davanti a quel fotogramma umiliati e spogliati, come persone che non hanno neppure più diritto al dolore perché la vergogna è diventata universale.
Il morto che viene pianto, sepolto, indicato con una lapide, una croce, un semplice sasso fa ancora parte della umanità, non è un cadavere. Perché non lo si è abbandonato, lasciato cadere nel Nulla. Lo diventa quando come i morti del supermercato è lasciato a sé stesso.
A Mariupol non si combatte più da giorni. Non esiste neppure la fragile, inaccettabile scusa del dire che chi sta combattendo strada per strada e lotta per non essere a sua volta ucciso non ha tempo per un gesto di pietà verso i vinti. Questi cadaveri raccattati tra le rovine o addirittura esumati per mostrali sono abbandonati in quel luogo perché così si è voluto. Sono il contrario della pietà della cremazione, che è l’oblio dei corpi, la eliminazione della vita organica che contiene il messaggio: il morto non sarà che una astrazione, un ricordo astratto, un vuoto che coloro che lo hanno amato devono colmare. I cadaveri lasciati apertamente a disfarsi nel lento degrado fisico della materia, significano che non si vuole affatto sbarazzarsi di quei morti. Non si vuole con la tomba rubare pietosamente la morte alla natura, il sacro e i cimiteri sono un furto che umanizza, rubano la morte, la fanno nostra, la umanizzano. E’ la profanazione totalitaria che afferra perfino il nemico ucciso.
E’ lo stesso meccanismo che portò nel 1793, l’anno del Terrore spinse la rabbia rivoluzionaria a profanare le tombe della cattedrale di Saint Denis sfasciandole con mazza e piccone, a compiere un regicidio anche contro i morti, scoperchiandone la polvere, decrasalizzandola e poi gettandola nella Senna.
I russi che hanno violato la morte dei morti ucraini esibendola con questa profanazione sfrenata al tempo della decomposizione appartengono alla stessa canaglia che vuole abolire la Storia, ai fanatici della tabula rasa, anche dei corpi dei nemici uccisi. I loro morti non hanno neppure il diritto di morire.
LA STAMPA
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