Orlando: “Subito nuovi contratti e stipendi più alti, enorme questione sociale da affrontare”
Annalisa Cuzzocrea
Sostiene Andrea Orlando che quel che ha detto il commissario europeo Nicolas Schmit a La Stampa sia sacrosanto: «Bisogna adeguare i salari italiani all’inflazione». «È questa – spiega il ministro del Lavoro – una delle condizioni per evitare la recessione e fa specie che da noi si alzino strali proprio dal mondo delle imprese, che in quel caso sarebbero le prime a pagare il prezzo più alto».
Com’è possibile che dal 1990 a oggi l’Italia sia l’unico
Paese Ue che ha visto decrescere la media degli stipendi del 2,90%? In
Irlanda sono aumentati dell’85, in Germania del 33,70, in Francia del
31,10, in Grecia del 30,50.
«Il nostro Paese sconta una
perdita di competitività cui si è pensato di far fronte con una
flessibilizzazione del costo del lavoro, ma questa strategia non ha
funzionato. Le politiche industriali dovrebbero mirare di più a una
crescita dimensionale delle imprese e a una migliore collocazione nella
catena del valore a livello globale. E poi il problema è l’aumento del
dumping salariale, la crisi del meccanismo della contrattazione, la
crescita dei contratti pirata. Queste tre cose vanno tenute insieme. C’è
un tema di pressione fiscale che va affrontato, ma anche Paesi con
tasse uguali o più alte delle nostre hanno visto crescere i salari. Dire
solo “tagliare il cuneo”, com’è giusto, non risolve tutta la
questione».
Come si risolve?
«Con la tempestività del rinnovo
dei contratti e la loro effettiva applicazione. Con la scomparsa dei
contratti pirata. Siamo il Paese che più di altri ha una presenza di
lavoro nero, di elusione e di mancata applicazione delle regole».
Il presidente di Confindustria dice che sulla cassa
integrazione lei ha trattato le imprese come bancomat. E frena su un
salario minimo garantito per legge.
«Presumo non gli sia
piaciuto che abbia posto il tema del rinnovo dei contratti e dei salari,
posto anche dal commissario Schmit, che ringrazio. Devo pensare che
Bonomi voglia fare di me un bersaglio polemico o che non sia bene
informato. Dice cose che non corrispondono alla realtà. Come il fatto
che io voglia dare 5 miliardi di euro ai centri per l’impiego. Fino alla
leggenda che sarei io a far pagare la cassa integrazione a
Confindustria, quando per la prima volta la riforma degli ammortizzatori
chiede in modo commisurato un contributo a settori che non l’avevano
mai dato. Addirittura mi mette tra coloro che vorrebbero minare il
famoso patto, risolvendo per via normativa quel che va risolto per via
negoziale».
Tutto falso?
«Totalmente. Ho fatto una proposta
sul salario minimo spiegando bene che anche se si arrivasse a una legge
dovrebbe avere a monte un accordo con imprese e sindacati. Non basta
evocarli, i patti, bisogna farli. Il ministro li può promuovere, ma non
si può sostituire alle parti sociali. Certo se si evocano e non si fanno
la politica ha il dovere di assumere l’iniziativa».
Qual è la proposta?
«Estendere l’applicazione del
trattamento economico complessivo dei contratti più rappresentativi di
un settore a tutti i lavoratori di quel settore. Questo non risolverebbe
il tema dell’adeguamento all’inflazione, ma comincerebbe ad affrontare
la questione del lavoro povero».
Intravede un accordo?
«C’è la disponibilità di
tutte le forze sindacali, Confindustria è perplessa. Bisogna continuare a
discutere tenendo conto delle posizioni».
Il ministro per la Transizione digitale Colao ha lanciato un
appello agli imprenditori: «Assumete di più, pagate di più, soprattutto
giovani e neolaureati».
«Sto facendo lo stesso da mesi per
una considerazione molto semplice: siamo di fronte all’impatto sul mondo
del lavoro della curva demografica. In Italia entrano meno lavoratori
di quelli che ne escono. E succede anche perché altrove i salari sono
più alti».
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