Orlando: “Subito nuovi contratti e stipendi più alti, enorme questione sociale da affrontare”
Le nostre imprese sono più avare o più in difficoltà?
«Mediamente
le imprese europee sono più grandi delle nostre e la loro produttività è
cresciuta più che da noi. Ma in Italia i salari sono cresciuti meno
della produttività. Quindi dobbiamo chiederci: come si trattiene
manodopera qualificata? E come si attrae? Perché non si tratta solo di
stipendi più bassi, ma di maggiore precarietà del lavoro».
Renzi e Meloni dicono sia tutta colpa del reddito di
cittadinanza. Lo fa anche il ministro del Turismo, il leghista
Garavaglia, in merito alla crisi di lavoratori che mette a rischio la
stagione estiva. È così?
«L’erogazione media del reddito è
di 580 euro. Con le modifiche, dopo due chiamate congrue, si perde
l’assegno. Stiamo trasferendo i dati alle agenzie per il lavoro e ai
centri per l’impiego che avranno questo compito oltre a un
riconoscimento economico quando collocano qualcuno. Ma l’ordine di
grandezza del fenomeno va raccontato nel dettaglio».
Facciamolo.
«Da dopo la pandemia i percettori di
reddito sono costantemente scesi. Negli ultimi tre mesi, di 50 mila
unità al mese. In tutto sono tre milioni di persone. Un terzo, sulla
base della legge, è occupabile. Sono 900 mila. Di questi, il 20-22% ha
già un impiego, che però non gli fa superare la soglia di povertà. Ne
restano 750 mila. Il 55% donne, molte con bambini difficilmente
occupabili in settori come edilizia e agricoltura, il 45% uomini. Due
terzi sono al Sud. Quindi, nelle aree in cui c’è una carenza di
manodopera ci sono 300 mila percettori di reddito. Un numero consistente
di loro ha un livello di scolarizzazione che non raggiunge la terza
media. Questo è il quadro».
Traduco: il reddito di cittadinanza c’entra poco con la mancanza di manodopera.
«Anche
mandando a lavorare tutti non risolveremmo la questione delle vacanze e
infatti lo stesso Garavaglia dice che c’è bisogno di un nuovo decreto
flussi».
Il paradosso del leghista.
«C’è un tema enorme di
riduzione della platea che riguarda l’emigrazione. Un sacco di giovani
vanno via dall’Italia e questo deve farci riflettere sul tipo di lavoro
che offriamo. Non mi sento di agevolare in alcun modo la leggenda dei
giovani italiani che non vogliono far niente, perché se fosse così non
li troveremmo al lavoro in tutte le principali città europee».
Il segretario della Cgil Landini chiede di lavorare sul fronte della riforma fiscale.
«Bisogna
lavorare, in un arco pluriennale, sulla riduzione progressiva del
cuneo. Potremmo orientare lì le risorse dalla lotta all’evasione
contributiva. Ma l’altra gamba deve essere la contrattazione».
È preoccupato?
«Mi colpisce che nel dibattito
scompaia sempre il punto di vista delle persone che hanno meno. Come se
non ci fosse un’enorme questione sociale. Si parla di salari, e l’unica
risposta che arriva è che bisogna togliere il reddito di cittadinanza.
Di balneari, e nessuno si pone il tema di milioni di persone che non
riusciranno ad andare in vacanza. Di casa, e nessuno pensa a chi non
riesce a pagare un affitto».
Sono temi che almeno il Pd dovrebbe mettere al centro dell’azione di governo.
«Dopo
tempo lo stiamo facendo. Ma con che intensità ce lo poniamo e se lo
pone la classe dirigente italiana? Io vedo che si assumono punti di
vista corporativi invece di pensare all’interesse generale. Ma se
sprofonda il ceto medio, se aumentano i poveri, se una generazione se ne
va dall’Italia è un problema del Paese».
Bisognerebbe fare di più anche su lavoro femminile.
«Le
premesse per una risposta sono state costruite con il Pnrr. Ma non
voglio nascondere il rischio: che le infrastrutture sociali necessarie
affinché le donne possano conciliare famiglia e lavoro, non spinte da
interessi economici come le altre, restino indietro. Dobbiamo vigilare.
Ed estendere la clausola del 30% di assunzioni femminili prevista nel
Pnrr a tutti i tipi di gare pubbliche».
Leggiamo di morti bianche di continuo. Muoiono ragazzi e ragazze sempre più giovani. Come stiamo rispondendo all’emergenza?
«Abbiamo
potenziato gli ispettorati del lavoro con il 60% di organico in più.
Introdotto nuovi criteri per l’edilizia. Stiamo realizzando una
banca-dati che qualifichi le imprese. Rispetto all’anno scorso, abbiamo
chiuso per violazioni legate alla sicurezza il 200% di imprese in più».
Teme uno sfarinamento del governo Draghi fino a farlo cadere visto il clima da campagna elettorale permanente?
«La paura che vedo è piuttosto che questi mesi si perdano. Credo che nessuno si voglia prendere la responsabilità di provocare una crisi, pagandone le conseguenze. Ma il rischio su cui lo stesso Draghi insiste è di stare senza riuscire a fare. Ci sono emergenze che hanno bisogno di risposte politiche e che rischiano di non trovarne all’altezza. Quindi bisogna vigilare non solo affinché ci sia una maggioranza formale, ma una risposta sostanziale ai problemi che si stanno aggrovigliando. Il problema dei salari ad esempio non dovrebbe essere oggetto di schermaglia tra le forze politiche, ma un tema che ci si assume tutti insieme, aiutando anche le partii sociali a fare un passo avanti positivo».
LA STAMPA
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