Il 2 giugno e la Nato: una doppia lezione
Insieme alla Comunità europea, di cui fummo fondatori nel 1957, è questa la carta d’identità dell’Italia nel mondo, e il suo passaporto. Senza il quale conteremmo molto meno, in una scena globale in cui saremmo altrimenti vasi di coccio. E che dunque ci consente di proteggere molto meglio, non peggio, il nostro interesse nazionale.
È una realtà che non ha fatto sconti nemmeno a leader di partito ben più attrezzati e idealmente motivati di quelli che oggi riempiono la scena. Quando nell’agosto del 1961 Amintore Fanfani volle tentare il grande gioco diplomatico, andando a Mosca senza preavvisare nessuno e in piena crisi di Berlino, con l’illusione di aprire una trattativa con Kruscev e nonostante l’irritazione di Stati Uniti e alleati della Nato, il risultato fu un disastro politico: tornato in Italia convinto di aver aperto una breccia al Cremlino, Fanfani fu gelato dalla notizia che Mosca aveva deciso in quelle stesse ore di avviare la costruzione del Muro di Berlino: ci sarebbero voluti altri 28 anni per abbatterlo.
La storia non è forse «magistra vitae», come pretendeva Cicerone. Ma almeno bisogna conoscerla, prima di provare a ripeterla sotto forma di farsa.
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