Amministrative, divisioni e corse separate al voto: a rischiare di più è il centrodestra
Le due crisi – quella del centrodestra e quella del centrosinistra – hanno profili differenti, naturalmente. La prima, pare legata soprattutto al duello per la leadership che divide Matteo Salvini e Giorgia Meloni, e potrebbe esser risolvibile su quel piano, appunto: perché sul fronte della linea e delle politiche, i distinguo sembrano senz’altro superabili. Il campo largo cui aspira Letta ha invece un altro problema, classico di ogni rifondazione: fissare idee-guida, proporre al Paese un futuro diverso dal sovranismo, dare a quel campo – insomma – un’identità riconoscibile o addirittura un’anima. L’impatto del voto di domenica (quasi nove milioni i cittadini chiamati alle urne) non sarà lo stesso, di qua o di là. E certo è soprattutto a destra che i risultati di lista saranno attentamente passati al microscopio…
Poi ci sarebbero i referendum, naturalmente, che Salvini aveva immaginato per tornare a cavalcare un tema a lui caro, la giustizia. Ma anche questa sortita – come quasi tutte le altre nell’ultimo paio di anni – non pare fortunata. L’interesse è basso e nemmeno i sondaggisti si fanno illusioni sul raggiungimento del quorum. Per il leader leghista si tratterebbe di un nuovo insuccesso, per altro cocciutamente cercato: e guai se dovesse sommarsi ad una sconfitta anche nel voto per la scelta dei nuovi sindaci. In casa Lega – è noto – l’allarme suona ormai da settimane: ed è cresciuto dopo le recenti sortite su guerra e viaggi a Mosca. Rispetto al tetto raggiunto alle europee del 2019, i consensi sono più che dimezzati. E oggi, secondo i sondaggi, il Carroccio sarebbe addirittura sotto di due punti rispetto al risultato delle elezioni politiche del 2018. Se la parabola non s’arrestasse, il voto della prossima primavera potrebbe trasformarsi in una drammatica débâcle. Salvini è avvisato, e le prove d’appello si stanno esaurendo.
LA STAMPA
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