La Russia taglia il gas all’Italia? Cosa succede a famiglie e imprese se sale il livello di allarme nazionale
di Fabio Savelli
Perché il governo sta valutando l’ipotesi di alzare il livello di crisi del sistema di gas nazionale, da preallarme ad allarme?
Si tratta di una misura precauzionale in risposta al taglio delle forniture di gas russo in arrivo al punto di Tarvisio. È il secondo stadio del piano di emergenza nazionale sul gas.
Chi lo decide?
Potrebbe
essere deciso direttamente dal ministro della Transizione ecologica,
Roberto Cingolani, come prevede una recente norma approvata dal
Consiglio dei ministri. Oppure stabilito collegialmente dal Comitato di
emergenza sul gas che si riunirà martedì. In caso di passaggio alla
soglia di allerta superiore cambia poco: i flussi di gas saranno sottoposti a monitoraggio più stretto
e sarà attivato uno scambio di informazioni continuo. Non è ancora
chiaro se la riduzione dei flussi dai gasdotti russi sia provvisoria o
strutturale. I volumi sono in linea con l’anno passato. Si osserva solo
un disallineamento tra le richieste del principale operatore, l’Eni, e
la materia prima che arriva dal fornitore russo Gazprom. Anche in
considerazione del fatto che siamo al di sotto della quota di
riempimento degli stoccaggi rispetto all’anno scorso e dunque l’Eni sta
«tirando» su la richiesta per accelerare sugli stoccaggi. Siamo al 54%,
entro settembre dobbiamo raggiungere il 90% per garantirci un inverno
tranquillo quando la domanda di gas sale per effetto dell’uso del metano
per i riscaldamenti.
La strategia
Perché siamo di fronte a uno scenario che implica maggiore attenzione?
Ogni Paese europeo ha l’obbligo di dotarsi di un dettagliato piano di emergenza per quanto riguarda le forniture di gas, che prevede tre livelli: quando si verificano riduzioni di flussi o aumenti significativi della domanda, al preallarme segue l’allarme e se la situazione si aggrava si arriva alla dichiarazione di emergenza. Nei primi due livelli le contromisure sono sempre «di mercato», nel terzo si può arrivare a disposizioni più radicali. Al livello di allarme Eni e altri operatori possono «aumentare le importazioni, utilizzando la flessibilità dei contratti in essere»; «ridurre la domanda di gas derivante da contratti interrompibili di natura commerciale»; «impiegare combustibili di sostituzione alternativi negli impianti industriali». Il ministero della Transizione può chiedere a Snam di «attivare i contratti eventualmente stipulati per la riduzione della domanda gas, basati sulle misure di contenimento volontario della domanda da parte dei clienti finali industriali».
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