Governo, sulla politica estera l’ultimatum di Draghi
ALESSANDRO BARBERA
ROMA. La fonte anonima impegnata nella trattativa sul testo della risoluzione di maggioranza lo dice esplicitamente: «I problemi interni ai partiti non possono condizionare le scelte di politica estera del governo». Da giovedì Mario Draghi è impegnato in tre appuntamenti chiave dall’inizio guerra in Ucraina: il Consiglio europeo a Bruxelles, il vertice dei sette grandi in Baviera, quello della Nato a Madrid. Nelle intenzioni del premier il discorso di martedì alle Camere e il voto che lo accompagnerà dovranno spazzare via ogni dubbio sulla linea italiana, e non solo rispetto al conflitto. Il discorso è ormai pronto. Ciò che non c’è ancora è l’accordo sul testo che motiverà il sì di deputati e senatori. Oggi pomeriggio, per la terza volta in pochi giorni, il sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola incontrerà i capigruppo dei partiti per discuterne. Resta da scrivere il punto più delicato della mozione, quello relativo al sostegno italiano allo sforzo bellico di Kiev.
Secondo quanto riferiscono fonti concordanti della maggioranza, i Cinque Stelle avrebbero rinunciato ad un passaggio esplicito contro l’invio di nuove armi, ma insistono perché si parli del «ruolo del Parlamento» laddove si dovessero rendere necessarie nuove forniture. La questione è politicamente delicata, ma è difficile immaginare che l’ala cosiddetta pacifista ottenga ragione: l’invio di armi senza voto è autorizzato fino alla fine di quest’anno dal primo decreto votato a larga maggioranza dopo l’inizio dell’attacco russo. Più probabile si trovi un compromesso che preveda di «tenere informate» le Camere.
Un altro passaggio su cui si sono concentrate le richieste Cinque Stelle riguarda la «de-escalation militare». Anche su questo la linea di Palazzo Chigi è però ferma: sì alla richiesta di pace, ma senza lasciare dubbi su chi sia l’aggressore e l’aggredito, e da quale parte debbano arrivare i segnali di tregua.
Il discorso che Draghi pronuncerà affronterà tutte le questioni in agenda, e sulla gran parte delle proposte non ci sono veti dei partiti. La prima: sostegno pieno all’Ucraina e alla sua richiesta di adesione all’Unione europea, che porta con sé il sì dell’Italia all’adesione delle sei repubbliche della ex Yugoslavia, della Moldavia e della Georgia. Draghi darà pieno sostegno alla proposta di riforma dei Trattati, e in particolare al superamento del principio di unanimità nelle decisioni dei Ventisette. Dirà con enfasi che occorre una riforma del patto di stabilità – tema graditissimo a Lega e Cinque Stelle – e a spese straordinarie per affrontare le difficoltà di famiglie e imprese colpite dal caro energia. Fra i Ventisette è quasi certo il no a nuove spese comuni, ma a maggior ragione Draghi difenderà l’ipotesi di stanziare risorse nazionali. E poi l’introduzione di un tetto al prezzo del gas: il premier spiegherà che la decisione dello Zar di tagliare le forniture di metano a Italia, Germania e Francia conferma la necessità di procedere. Su questo, sui conti pubblici e sulla riforma dei trattati Draghi sa di poter contare sul sì di tutti. Il discorso affronterà anche la diversificazione delle fonti di approvvigionamento dell’energia, lo spostamento a sud dell’asse geopolitico, i rapporti con Israele e la Turchia, la soluzione alla crisi del grano bloccato dai russi in Ucraina.
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