Con Omicron si rischiano anche più casi di Long Covid: lo studio pubblicato su The Lancet
Microtrombi
«In questo caso sembra sia implicata la formazione di microtrombi circolanti che possono impedire la corretta vascolarizzazione di vari organi fra cui anche cuore e cervello — specifica Gianni Bussolati, che è professore emerito di Anatomia Patologica all’università di Torino —. Un fenomeno che preoccupa anche e soprattutto per i bambini e che potrebbe spiegare l’affaticamento e le difficoltà respiratorie che osserviamo in diversi di loro dopo l’infezione acuta. Cosa che dovrebbe far riflettere sull’importanza della vaccinazione in questa fascia d’età, che invece stenta ancora».
Confusione sul ruolo della vaccinazione
«E proprio sulla vaccinazione c’è confusione — riprende Mantovani —. Sebbene le indicazioni sul suo ruolo protettivo anche nei confronti del Long Covid siano solide, circolano alcuni dubbi, instillati anche da una ricerca sui veterani americani che riconosce alla vaccinazione una protezione significativa ma limitata verso la sindrome. Questa ricerca ha però grandi limiti metodologici dal momento che ha incluso soltanto il 10% di donne nel campione, sebbene siano più suscettibili al problema, e ha preso in considerazione schemi di vaccinazione incompleti, cioè a base di una sola dose di vaccino con adenovirus o due dosi con vaccino a mRna, quando è assodato che ne servono due del primo tipo e tre del secondo. Tant’è vero che dati israeliani, al contrario, dimostrano come il ciclo completo di vaccinazione eserciti un effetto protettivo anche nei casi in cui ci si reinfetti dopo vaccinazione o malattia, come sta capitando a moltissime persone con le nuove varianti».
I meccanismi
«Se sul ruolo protettivo della vaccinazione restano pochi dubbi, bisogna però sottolineare, e il report dell’Accademia lo fa, che molto rimane da capire su Long Covid — ammette il professor Mantovani —. Alcuni progressi interessanti sono stati tuttavia compiuti nella comprensione dei fattori che ne possono essere all’origine. Se il primo è lo stato di salute generale di partenza di chi viene infettato, ce ne sono altri che entrano in gioco. Uno è la persistenza silente, per esempio nell’intestino o nel sistema nervoso, del virus, che può risvegliarsi e/o innescare reazioni immunitarie. Un altro ruolo può rivestirlo la riattivazione di altri virus quiescenti dentro di noi, come quello di Epstein-Barr o il Citomegalovirus. Infine vi sono indicazioni di deviazioni della risposta immunitaria, cioè fenomeni autoimmunitari, indotti da Sars-CoV-2. Nel frattempo si stanno cominciando a identificare alcuni biomarcatori di gravità del Long Covid, come citochine, interferoni e Ptx3, una molecola scoperta per la prima volta da noi». «È possibile che questi meccanismi intervengano in modo differente nelle diverse persone — conclude Bussolati —. E al momento l’unica strategia che abbiamo a disposizione per contrastare il problema è la vaccinazione, anche perché non abbiamo riscontrato una relazione lineare e certa fra gravità della malattia acuta e Long Covid, quindi anche chi ha avuto un’infezione lieve potrebbe andare incontro a un Long Covid pesante».
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