Ora anche per la Bce è allerta risorse: il prezzo alle stelle frenerà la crescita
Il tema dell’energia continua a tenere banco nell’agenda dei leader europei e ieri ed oggi è al centro del Consiglio europeo in cui si è discute l’adesione dell’Ucraina all’Ue. Nonostante le rassicurazioni delle settimane passate, la situazione è sempre più critica dopo il taglio delle forniture da parte di Mosca e i campanelli d’allarme si moltiplicano; prima l’Agenzia internazionale dell’energia ha messo in guardia dal pericolo di uno stop completo del gas russo, poi la Bce nel bollettino economico ha attestato una crescita del 39,2% dei prezzi dell’energia rispetto a un anno fa. Nella nota dell’Eurotower si legge: «Il Consiglio direttivo ritiene che i rischi legati alla pandemia si siano ridotti, ma che la guerra in Ucraina continui a rappresentare un significativo rischio al ribasso per la crescita. In particolare, costituirebbe un rischio rilevante l’ulteriore interruzione delle forniture di energia all’area dell’euro». Nelle prospettive di medio termine questi rischi sono rappresentati da contrazioni durature della capacità produttiva dell’economia dell’area euro, dai prezzi dei beni energetici e alimentari elevati e dalle aspettative di inflazione superiori all’obiettivo della Bce.
Non a caso il governo tedesco ha attivato lo stato di allarme nel piano di emergenza sul gas ed è passato al carbone, anche se per il ministro dell’Economia e del Clima Robert Habeck ha invitato alla calma poiché «al momento l’approvvigionamento del gas è garantito». Lo stato di allarme è il secondo passaggio del piano tedesco che prevede tre step: allerta, allarme ed emergenza. La Germania si trova in un contesto più complicato dell’Italia come spiegato dal ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani sottolineando che al momento per l’Italia non è necessario alzare il livello di allarme. Sebbene anche il nostro paese dipenda dall’importazione di gas dalla Russia per una percentuale ingente (in progressiva diminuzione), a differenza dei tedeschi possiamo infatti contare su una maggiore diversificazione di fornitori. Il peggioramento della situazione a Berlino è testimoniata dal dibattito sulle tre centrali nucleari tedesche che dovrebbero essere chiuse entro la fine del 2022 con il leader della Cdu Friedrich Merz che ha chiesto al governo una proroga alla luce del cambiamento dello scenario globale negli ultimi mesi. Un’ipotesi però già rispedita al mittente dal cancelliere Scholz: «non ci sono al momento indicazioni da parte degli esperti sul modo di estendere il funzionamento delle centrali».
Se la soluzione per la crisi energetica nei prossimi anni sarà l’incremento delle rinnovabili, al momento è impensabile fare a meno del gas e si continua a discutere per trovare soluzioni condivise in Europa. Principale motivo del contendere è il tetto al prezzo del gas, una misura che vede Mario Draghi e il governo italiano in prima linea per la sua approvazione sostenuto anche da altri paesi come Spagna e Grecia. Diversa la posizione dell’Olanda con il premier Rutte che per il momento ha espresso la propria contrarietà: «non siamo contrari per principio ma, sulla base delle prove che abbiamo, pensiamo che potrebbe non funzionare come alcuni pensano».
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