Scambio di accuse tra Salvini e Meloni per la “fatal Verona”. L’idea di un vertice per non dividersi

Paolo Bracalini

Altro che «pace di Verona», com’era stata battezzata al primo turno l’alleanza Lega-Fdi. Dopo il ballottaggio perso clamorosamente nella città scaligera si riapre il varco tra Salvini e la Meloni, che si rinfacciano vicendevolmente la sconfitta, lì ma anche altrove. È un braccio di ferro che va avanti da mesi e che è costato già parecchio al centrodestra e, se non risolto, rischia di portare ad altre sconfitte pesanti (il voto in Sicilia è dietro l’angolo ma gli accordi sono lontani, quello in Lombardia poco più dopo e già si registrano tensioni).

Entrambi i leader, il giorno dopo, non fanno nomi ma è molto chiaro a chi si riferiscano. Dice Salvini: «Non è possibile perdere città importanti perché il centrodestra si divide e sceglie di non allargarsi e di includere altre forze ed energie, per paura, per calcolo o per interesse di parte». Il calcolo e l’interesse di parte sarebbe ovviamente quelli della Meloni, che secondo il leader della Lega sta giocando da tempo una partita tutta per sè, anche a livello nazionale, per aumentare i consensi ai danni degli alleati (e infatti la Meloni commentando i risultati ci tiene a rivendicare che Fdi «ha fatto da traino alla coalizione al primo turno). La sua lettura è tutta all’inverso rispetto a Salvini: «Ho trovato curiosa la polemica sul mancato apparentamento a Verona da parte degli alleati con tanto di attacco al sindaco a urne aperte, mentre a Catanzaro Fdi sosteneva lealmente un candidato che ci aveva negato l’apparentamento. Occorre ricordarsi che l’avversario è sempre la sinistra e mai il partito alleato» commenta la Meloni, secondo la quale (soprattutto) la Lega sarebbe impegnata più a contrastare la crescita di Fdi e ad ostacolare la sua leadership più che a combattere gli avversari di sinistra. L’«attacco al sindaco ad urne aperte» di cui parla è un’altra frecciata diretta a Salvini, che in una intervista domenica mattina aveva dato per perdente Sboarina. I leghisti fanno notare gli errori della Meloni, «già aveva sbagliato alle comunali di Roma puntando su Michetti, Sboarina non ha ubbidito alla sua indicazione di apparentarsi e Musumeci sembra fare di testa sua». Morale leghista: le sue prove da leader di centrodestra non sono granché. I meloniani invece suggeriscono di guardare fuori Verona per vedere le colpe degli alleati: «Ad Alessandria, dove FdI è il primo partito, abbiamo perso con il candidato Lega, e a Monza dove non è stato rieletto il sindaco uscente di FI» dicono dal quartier generale della Meloni.

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