Rocco Morabito estradato dal Brasile: il boss della ‘ndrangheta rientrato in Italia dopo 30 anni
di Andrea Galli
Il 55enne atterrato nella notte a Ciampino. La sua cattura da parte dei carabinieri dopo decenni di latitanza. Dalla villa in Calabria agli affari a Milano, storia di uno dei massimi ricercati in Italia e fra i principali broker internazionali della cocaina
Già massimo ricercato d’Italia, secondo soltanto a Matteo Messina Denaro, il 55enne Rocco Morabito, appena sbarcato nella notte all’aeroporto di Ciampino dopo il sì brasiliano all’estradizione, è stato (e forse rimarrà) avanguardia pura della ‘ndrangheta. Nella definizione, coniata da un alto ufficiale dei carabinieri che gli diede la caccia infine scoprendo i tre ipertecnologici bunker nella villa di Africo, uno dei piccoli paesini calabresi culle delle cosche, si sintetizzano le coordinate criminali di Morabito. Il quale, sparito da trent’anni, non voleva la galera italiana come non la gradisce la medesima ‘ndrangheta.
L’evasione
Lui, fra i primissimi a insistere sull’apertura internazionale delle cosche e divenuto il re dei broker della cocaina, avrebbe preferito una prigione come quella di Montevideo, dove infatti, nel giugno 2019, approfittando di favori interni nonché di una struttura debole nei sistemi di sicurezza, evase in agio. Senza contare che nei penitenziari sudamericani sono frequenti le ribellioni che innescano fughe di massa e, in generale, la fragilità di certe nazioni, a rischio di derive autoritarie o colpi di Stato, rimescola ogni aspetto della società civile, insomma comprese anche le prigioni e chi le comanda, aprendo improvvisi scenari inaspettati purché uno sia pronto con la testa, le gambe e il portafoglio. Quanto alle cosche, Rocco Morabito, del quale si elogiano le capacità di scacchista d’anticipare le mosse con sorprendente astuzia, e del quale inoltre si ripete la certezza d’essere un unto del Signore, un intoccabile, uno che anche qualora cadesse mai affonderebbe, è personaggio scomodo. Qui, in Italia. Conserva ramificati segreti su infinite trame, e fa niente se queste si siano ambientate per lo più tra Argentina, lo stesso Uruguay che lo vide recluso, e da ultimo il Brasile teatro dell’arresto definitivo, che reca il marchio del Ros dei carabinieri.
La «partita»
Era il maggio dello scorso anno. Forte di pesanti conoscenze nell’intero continente, Morabito era convinto forse non tanto di allontanarsi di nuovo dalle celle, quanto piuttosto di imbrogliare le carte ed evitare il rimpatrio. E difatti, nella complicata partita che regola le estradizioni, dove basta la riga scritta male di un fax o un cavillo burocratico a invalidare il provvedimento, l’iniziale partenza del boss era stata rimandata. In agenda, gli investigatori italiani sarebbero dovuti andare in Brasile sette giorni fa; l’hanno fatto soltanto domenica, ma è un ritardo ben accetto in quanto la magistratura e la diplomazia sono venute a capo del caso.
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