Rocco Morabito estradato dal Brasile: il boss della ‘ndrangheta rientrato in Italia dopo 30 anni
Il fuoristrada
Seppur in ritardo rispetto a quanto previsto, l’atterraggio del Falcon con a bordo Morabito è stato modulato per le 2.45; ora lo aspettano il canonico iter e soprattutto il carcere duro. Soprannominato nel poco sofisticato alfabeto della ‘ndrangheta ‘u tamunga in quanto proprietario di una Munga, un fuoristrada di fabbricazione tedesca, fin da giovane Morabito ha cercato, anche esteticamente, di distanziarsi dai classici schemi degli uomini di ‘ndrangheta, uno smarcamento avvenuto grazie anche alle frequenti permanenze a Milano. Del resto il feudo calabrese gli stava stretto, lui guardava al mondo, e non è un caso che, in quegli anni di Africo e di perquisizioni dei carabinieri, vivesse nella villa con una donna portoghese, di grande eleganza, affabile e sofisticata, la quale accoglieva gli investigatori in vestaglia manifestando una naturale calma al contrario di famigliari di ricercati che strepitano, ostacolano le operazioni, minacciano azioni legali. Dopodiché c’era, in quei bunker iper-tecnologici, non unicamente l’aspirazione di un potente boss a servirsi del meglio sul mercato per la propria «protezione», ma anche l’esempio pratico della necessità di svecchiarsi, di guardare al futuro, di uscire da una logica provinciale che contemplava schemi prefissati in quanto eredità di padri, nonni, zii, suoceri.
I successori
Se è giusto, con questa estradizione, parlare di «fine» per Rocco Morabito, s’aprono innegabilmente infiniti interessi sul tesoro assemblato nella longeva latitanza, sulle persone in debito col boss, su quelle che conservano informazioni sugli affari e le valigie piene di banconote, su eventuali politici a libro paga, e anche sul futuro dell’assenza di Morabito. Nonostante gli anni recenti siano stati caratterizzati dalla scomparsa dell’anonimato con gli arresti e le detenzioni, comunque il boss era là, in Sudamerica. Aveva un posto, aveva un ruolo. Ma dai concorrenti e dai rampanti era anche considerato – la storia del crimine gira come tutte le altre storie – uno dell’antichità, uno che aveva vissuto la sua epoca. E siccome è la droga che detta il ritmo, ovvero il denaro, sarà già bagarre per riempire il vuoto lasciato da u’ tamunga. Che dunque, la Cupola albanese in stretti rapporti con i narcos sudamericani, dopo aver scalato posizioni passando da ruoli da galoppini a quello di prima inter pares, festeggerà il ritorno in Italia di Morabito, potrebbe non essere soltanto una leggenda o uno di quei racconti gonfiati dal patriottismo e della megalomania balcanica.
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