Ambiente, sviluppo, sicurezza: da soli si perde sempre

di Antonio Polito

La Marmolada sopravviverà. Per rimettere nelle giuste proporzioni la capacità dell’uomo di far danni al proprio ambiente, basterà ricordare che se riducessimo a un solo anno la storia della Terra, fatta in realtà di quattro miliardi e mezzo di anni, l’intera vicenda dell’evoluzione umana, da quando vivevamo sugli alberi a oggi, sarebbe compresa nelle ultime dieci ore del 31 dicembre. I batteri, tanto per dire, esisterebbero da marzo; i dinosauri, comparsi a metà dicembre, avrebbero già fatto in tempo a estinguersi. Le Alpi stesse, fino a poche centinaia di milioni di anni fa, non erano altro che il fondo di un mare (come racconta un bel libro di Alessandro Vanoli appena uscito da Laterza, La storia del mare).

La Terra dunque sopravviverà. Il problema è se sopravviveremo noi, andando avanti così. E non solo fisicamente, perché valanghe e uragani e inondazioni e siccità faranno stragi; ma anche perché la nostra specie, così giovane, si concepisce solo in questo ambiente, che è parte integrante della sua identità storica, culturale e psichica, e non può farne a meno senza diventare un’altra cosa. O estinguersi.

Non c’è del resto tema dell’agenda politica di questi anni, dal riscaldamento globale alla crisi energetica e alimentare, dal Covid alla guerra, fino al ritorno dell’inflazione, che non abbia questo stesso carattere epocale, globale e sovranazionale. Il che stride con le dimensioni abitualmente contingenti e nazionali, quando non provinciali, della politica democratica. Da questo punto di vista il nostro Giannelli ha già detto tutto nella vignetta sul Corriere di ieri: una Terra che si squaglia dal calore mentre un tizio in grisaglia dice perplesso «Sono preoccupato. È un vero problema quello dei Cinque Stelle».

Ma se anche ci fosse risparmiato il cabotaggio quotidiano dei partiti per un pugno di voti, in ogni caso contro nessuno di questi «mostri» un governo nazionale potrebbe fare alcunché da solo. E forse neanche l’Europa da sola. Basti pensare che l’intero Vecchio Continente è responsabile del 9% delle emissioni che alterano il clima: se tutto va bene, e a costo di grandi sacrifici, riusciremo appena a stabilizzarle. E tutto il resto?

Questa realtà dovrebbe mettere definitivamente fuori gioco l’ipotesi «sovranista», di una politica cioè che punti a risolvere i problemi di casa propria ignorando tutti gli altri: sarebbe fare come le tre scimmiette, e sperare di cavarsela turandosi gli occhi, le orecchie e — in questo caso — il naso. Bisogna però anche dire che l’alternativa, e cioè una governance globale improntata al realismo, al coraggio e alla saggezza, all’orizzonte non si vede, anzi. Non è che i governi che polemizzano contro i sovranisti non pecchino a loro volta di sovranismo, quando sono alle prese con le scelte difficili. Mentre alla Cop 26 di Glasgow l’inviato speciale degli Usa John Kerry spingeva il resto del mondo a mettere fine agli investimenti nei fossili, il suo presidente Biden da Washington faceva appello ai Paesi dell’Opec per accrescere la produzione e buttare giù così il prezzo della benzina per gli automobilisti americani. In questo momento il mondo è tornato ai livelli record pre-Covid, consumando più di 100 milioni di barili di petrolio al giorno. E la guerra di Putin sta riportando in auge in Europa perfino il carbone. Altro che transizione energetica.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.