Guerra ideologica, Putin non si fermerà

Nel corso degli anni, il Cremlino ha recepito tutte le “rivoluzioni colorate” e specialmente Euromaidan (le manifestazioni filoeuropee iniziate in Ucraina nel 2013 all’indomani della decisione del governo di sospendere le trattative per la conclusione di un accordo di associazione con l’Ue) come qualcosa di caldeggiato dalla promozione dei valori occidentali, valori che in definitiva avrebbero potuto prendere di mira la Russia e limitarne la sovranità. Per la medesima ragione, tutte le proteste a Mosca a partire dal 2012 sono state etichettate come opera di nemici interni, agenti stranieri e traditori della Nazione.

Il discorso sull’identità russa
Secondo Putin, per l’identità russa – come unica e distinta da quella occidentale – la sfida più importante proviene dalla comunità euro-atlantica nella quale la gente respinge i valori cristiani e i principi morali. Queste comunità «stanno varando politiche che mettono su uno stesso piano grandi famiglie e le unioni di persone dello stesso sesso, la fede in Dio e la fede in Satana. Gli eccessi del “politicamente corretto” sono arrivati al punto che la gente parla seriamente di registrare partiti politici il cui fine è la promozione della pedofilia… Cercano aggressivamente di esportare in tutto il mondo questo modello», dichiarò Putin. Il presidente sostenne anche che questo processo, qualora non ostacolato, avrebbe inevitabilmente portato a un degrado morale e alla perdita della dignità umana. Per contrastare efficacemente questa “minaccia” e far risorgere una coscienza nazionale, Putin caldeggiò una rivalutazione della storia della Russia, comprendente il periodo sovietico.

L’ordine globale della sicurezza
In Russia la dissoluzione dell’Unione Sovietica non sfociò in un’accettazione graduale, bensì in uno choc prolungato che generò una nuova ondata di nazionalismo e una crescente nostalgia per i territori perduti. La Russia ha fallito nello sconfiggere l’autocommiserazione dopo quello che è stato percepito come il crollo traumatico dell’Unione Sovietica. In verità, per Putin l’identità russa doveva comprendere anche i disastri nazionali, prima la Rivoluzione d’Ottobre, poi la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Secondo Putin, in passato, all’inizio degli anni Novanta, la Russia non fu capace di proteggere i suoi interessi nazionali, e accettò umilmente l’esito della Guerra Fredda. In verità, la sensazione di Putin è che «la dissoluzione dell’Unione sovietica fu una tragedia nazionale su enorme scala».

Insoddisfatto dell’ordine globale della sicurezza che emerse subito dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, nel 2014 Putin sostenne che il vecchio ordine mondiale era stato creato molto tempo prima, e alcune revisioni e ridefinizioni erano diventate indispensabili. Si parlò di questo anche perché la Guerra Fredda si era conclusa senza la firma di un accordo che definisse in via risolutiva le norme e i parametri d’intervento delle relazioni internazionali.

Ucraina, Novorossiya, Russkiy mir
Il presidente Putin ha sempre rimarcato l’idea che l’Ucraina è «sorella» della Russia, non soltanto a causa del suo carattere slavo, ma anche per la somiglianza di lingua, cultura, religione e storia comune. Nel 2014, Vladimir Putin sostenne che l’attuale situazione in Ucraina era dovuta perlopiù alla sfortunata decisione dei bolscevichi russi nel 1922 di dare all’Ucraina alcuni territori – oggi rappresentati come aree dell’Ucraina del Sudest che un tempo, secondo lui, formavano un unico territorio storico noto come Novorossiya (e comprendente Kharkiv Lugansk, Donetsk, Mykolaiv, e le regioni di Kherson e Odessa) – e all’errore commesso da Nikita Krusciov di trasferire la Crimea all’Ucraina dalla Russia nel 1954. Secondo Putin, quelle decisioni furono basate a partire dalla premessa che tempo prima, nel periodo sovietico, era impossibile immaginare che Russia e Ucraina potessero mai scindersi. «Purtroppo, quello che sembrava impossibile divenne realtà e l’Unione Sovietica si disgregò», dichiarò apertamente.

In un’altra occasione Putin disse: «Non faccio distinzioni tra russi e ucraini». In seguito, elaborò l’idea che Mosca e Kiev erano “tutt’uno” e pubblicò un articolo intitolato «Sull’unità storica di russi e ucraini». Le tesi principali argomentate nella sua analisi erano che russi, ucraini e bielorussi sono tutti antichi rus, legati gli uni agli altri a livello spirituale e religioso. Nel corso dei secoli quei legami sarebbero stati spezzati da attori esterni, e in tempi più recenti dai sovietici. «L’Ucraina moderna è interamente il prodotto dell’epoca sovietica… modellata sulle terre della Russia storica», sostiene. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica – continua Putin – i neonazisti ucraini dettero vita a un progetto antirusso, per prendere le distanze dalla Russia e puntare all’integrazione con l’Europa. I tumulti di Euromaidan furono il culmine di questa politica. Alla fine, Putin dichiara di «essere fiducioso che la vera sovranità dell’Ucraina sia possibile soltanto in partenariato con la Russia». «La nostra consanguineità è stata trasmessa da una generazione all’altra. Essa vive nei cuori e nei ricordi delle persone che vivono nella Russia e nell’Ucraina moderne, nei legami di sangue che uniscono milioni di nostre famiglie. Insieme siamo sempre stati e sempre saremo molto più forti e di successo. Perché siamo un unico popolo» conclude.

Un punto importante: il testo di Putin conta più di settemila parole e cita la Nato soltanto una volta, non per lamentarsi della sua espansione ma per rimproverare l’Alleanza di aver organizzato un’esercitazione militare su territorio ucraino. L’articolo di Putin è stato pubblicato il 12 luglio 2021, la data in cui divenne chiaro in modo irrefutabile che la guerra russa contro l’Ucraina era inevitabile.

La guerra che apparentemente mira alla “liberazione del Donbass” è un rilancio di «Novorossiya». Il concetto è riaffiorato nell’ambito del contesto dell’annessione della Crimea alla Russia e adesso nella sua guerra contro l’Ucraina. Da un’ottica ideologica, “Novorossiya” sottolinea lo status di grande potenza della Russia e ricorda di essere un impero. Lo scopo principale è stato creare una legittimazione ideologica alle azioni del Cremlino nelle zone circostanti alla Russia, mobilitare il supporto dell’opinione pubblica e instaurare una rivendicazione per un cambiamento territoriale. La “Novorossiya” che prende di mira l’Ucraina del Sudest è in verità soltanto una componente di una più ampia iniziativa del “Russkiy mir”. L’iniziativa che offre una visione, una missione e dei valori per la legittimazione dell’attuale stato russo e delle sue politiche.

Il regime di Putin è revisionista per sua natura. Questo non implica necessariamente che il presidente russo sia impaziente di ricreare l’Unione Sovietica o l’Impero russo nella sua forma originaria e nei suoi confini di un tempo. Il regime cerca semplicemente di legittimarsi con l’espansione territoriale e portando gli stati ex-sovietici sotto la sua sfera di influenza. Non essendo un modello di sviluppo per i Paesi post-sovietici, il Cremlino spesso opta per la soluzione militare per perseguire i suoi obiettivi nell’ “estero vicino”. Per mobilitare le masse intorno a questi obiettivi politici è indispensabile un’ideologia.

Secondo Andrei Kolesnikov in Russia c’è sempre stata richiesta di un’ideologia nazionale e antioccidentale. È stata semplicemente posticipata negli anni Novanta, nel periodo delle riforme politiche ed economiche e dell’alto prezzo del petrolio ma poi, specialmente durante il secondo mandato della sua presidenza, Putin è riuscito a creare un’ideologia del Mondo Russo, che è comprensibile a tutti e può essere venduta facilmente. Il contratto sociale alla fine degli anni Novanta e primi Duemila si basava sull’idea condivisa che lo Stato russo assicurasse profitti dalle entrate petrolifere alla popolazione e in cambio ricevesse sostegno per il regime. Adesso, a fronte della guerra e delle sanzioni economiche contro la Russia, il contratto è cambiato: il Cremlino assicura la Crimea, ottiene il controllo sull’Ucraina e lo status di grande potenza e in cambio la popolazione deve rinunciare alla libertà e al benessere e accettare una situazione economica precaria. In questo contesto, “Russkiy mir” è riuscita a unire non soltanto l’élite politica, ma anche la gente comune. Per come la pensa Vladimir Pastukhov, nel corso degli anni questa ideologia si è rivelata il motore trainante principale del processo decisionale politico spingendo la Russia e i russi nel vicolo cieco della Storia. 

Traduzione di Anna Bissan

LA STAMPA

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