Governo: tentativi di tregua
In parallelo, però, si intuisce anche la consapevolezza di non potere formalizzare adesso scelte avventuristiche delle quali alla fine lo stesso leader grillino rimarrebbe vittima. Dietro la dichiarazione di lealtà condizionata a Draghi e al governo si intravede la mediazione silenziosa del Quirinale. «È giusto che Draghi si prenda un po’ di tempo. Una risposta immediata non sarebbe stata seria», concede Conte. Né va sottovalutata la conferma dell’adesione all’Ue e alla Nato: tema indigesto a gran parte dei grillini, che dopo l’aggressione russa all’Ucraina hanno oscillato in modo imbarazzante.
Il fatto che ieri Conte abbia protestato per il «travisamento malevolo» delle sue scelte di politica estera è, come minimo, un modo per riequilibrare la strategia del M5S e per confutare le accuse di ambiguità. Ma anche in questo caso, il margine di non detto rimane ampio. Non basta a ridurlo la critica al riarmo dell’Ucraina facendosi scudo e puntellandosi con le parole di pace dette ripetutamente dal Papa. C’è una filiera del grillismo che da mesi martella sull’Occidente e sugli aiuti forniti a Kiev.
Il dubbio che la precisazione resa ieri da Conte sia tattica e reversibile è legittimo, visto il retroterra del Movimento. Le stesse recriminazioni per il silenzio del premier sul «discredito» che di Maio avrebbe riversato sui Cinque Stelle, dimenticano la frattura consumatasi almeno formalmente proprio sull’Ucraina. Insomma, non è soltanto il M5S che deciderà il proprio rapporto con Draghi a seconda delle risposte che riceverà. Anche il governo si aspetta dai grillini comportamenti coerenti con l’impegno di non sacrificare gli interessi del Paese sull’altare di miopi calcoli elettorali.
Il monito arrivato ieri dal commissario europeo Paolo Gentiloni a non «agitare la barca» e a non far lievitare la spesa pubblica è un indizio da non sottovalutare.
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