Migranti, a Lampedusa l’hotspot della vergogna
Flavia Amabile
DALL’INVIATA A LAMPEDUSA. È difficile accettare Lampedusa con gli ombrelloni, i turisti, i bambini che fanno i capricci, le gite in barca a cinquanta euro per vedere delfini, tartarughe e ignorare i migranti che con il bel tempo hanno ripreso a sbarcare sule coste dell’isola. È difficile accettare questo pezzo di terra più vicino all’Africa che all’Italia dove ieri davanti alla spiaggia del Porto svettava la cacciatorpediniere San Marco che per i turisti si è trasformata nell’ennesima attrazione da esibire in videochiamata ai parenti insieme al mare cristallino senza sapere che era accorsa con la sua stazza imponente a risolvere il problema eterno delle estati sull’isola, l’hotspot che diventa un inferno di corpi, rifiuti ed escrementi.
È difficile accettare Lampedusa soprattutto per chi sopravvive ai deserti dell’Africa, alla prigionia nei lager libici, gli stupri, le violenze, i ricatti alle famiglie per estorcere altri soldi in cambio della libertà e scoprire che la loro libertà è rischiare la vita nel Mediterraneo e arrivare in un luogo fetido, dove ci sono una decina di bagni per 1.850 persone, l’acqua corrente va e viene e, per evitare di dormire sul terreno cosparso di rifiuti, bisogna arrangiarsi con materassi di fortuna.
Non è una novità l’incapacità dell’hotspot di Lampedusa di offrire condizioni dignitose ai migranti in arrivo, ogni anno però diventa più incredibile assistere al ripetersi di un’emergenza che non trova più giustificazione nel numero degli sbarchi. «È inaccettabile che, dopo tutte le denunce, le battaglie e gli avvertimenti, ancora una volta a decidere i flussi in arrivo sia la criminalità», osserva Giusi Nicolini, ex sindaca dell’isola. È stata lei a pubblicare sui social alcune foto che mostravano le condizioni disumane del centro e a lanciare l’allarme. Ieri è arrivata la nave San Marco della Marina Militare a occuparsi di quella che dovrebbe essere una procedura ormai ordinaria, trasferire i migranti dall’hotspot di Lampedusa ai centri di accoglienza. «Se ogni giorno partissero delle persone si eviterebbe il sovraffollamento. Invece in Italia possiamo controllare quello che accade nei canili ma nessuno può entrare nei centri dove si trovano i migranti e verificare le condizioni in cui sono tenuti. È grave tutto questo anche perché vorrei sapere che cosa accade quando l’hotspot raggiunge questi numeri. Lo Stato paga per 1800 persone anche se non hanno, come dovrebbero, un bagno, un letto, una doccia, acqua corrente? Presenterò un’interrogazione parlamentare per chiedere di avere accesso alle fatture emesse e chiarimenti su questo tema».
Attraverso una decina di viaggi ieri sono stati accompagnati sulla nave San Marco circa 600 degli ospiti del centro e trasferiti a Porto Empedocle dove saranno assegnati alle strutture di accoglienza presenti in Sicilia. Nell’hotspot di Lampedusa restano comunque 1250 persone, circa quattro volte di più rispetto alla capienza regolare. E, come denuncia Silvia Faggin, Child protection officer di Save The Children, ci sono ancora 200 minori non accompagnati e 100 minori accompagnati, una situazione che le fa esprimere «preoccupazione per le loro condizioni precarie e di difficoltà nell’accedere ai diritti di base come cibo, acqua e assistenza sanitaria».
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