Rebus Superbonus, niente proroga ma si va verso lo sblocco della cessione dei crediti

Luca Monticelli

Il Superbonus non verrà prorogato, su questo il premier Mario Draghi non vuole cedere. Ma Palazzo Chigi intende venire incontro almeno parzialmente alle richieste dei 5 stelle, per farlo bisogna vincere le resistenze del Tesoro.

Le tempistiche del Superbonus non verranno cambiate, perciò si potrà accedere alla detrazione al 110% per le ristrutturazioni delle villette solo fino alla fine dell’anno, a condizione che al 30 settembre siano stati effettuati il 30% dei lavori. Mentre per i condomini la deadline rimane fissata al 31 dicembre 2023, poi scatterà il decalage, con l’incentivo destinato a scendere al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.

Al di là delle truffe, che hanno sottratto allo Stato quasi sei miliardi di euro, il mercato dei crediti fiscali su cui si regge il Superbonus è paralizzato, con pesanti conseguenze per le banche che hanno esaurito le risorse, per le imprese che sono a corto di liquidità e per i cittadini che rischiano di indebitarsi. E allora Palazzo Chigi sta valutando un intervento proprio per riattivare il meccanismo della cessione del credito, che soddisferebbe una delle richieste messe sul tavolo da Giuseppe Conte per continuare a sostenere il governo. Il Superbonus in questa legislatura è diventata una misura bandiera del Movimento, ed è una delle ragioni che ha portato i 5 stelle ad astenersi sul voto in aula al decreto Aiuti, scelta che mette a repentaglio la tenuta dell’esecutivo. Tra gli emendamenti bocciati alla Camera, ce n’è uno del M5s su cui sta riflettendo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, e che, se recepito in un prossimo decreto, provocherebbe un doppio risultato: da una parte sbloccherebbe il mercato dei crediti fiscali, e dall’altra permetterebbe di fare un passo nella direzione di Conte, dando un segnale di disponibilità nei confronti di una forza che si sente con un piede fuori dalla maggioranza. Il tema è molto tecnico e riguarda «la responsabilità dei cessionari». In sostanza, chi acquista i crediti deve verificare che non vi siano abusi, controllando con una «diligenza conforme al proprio grado di professionalità», pena la possibilità di risponderne «in solido». Per capire bene la portata di questo meccanismo occorre fare un passo indietro. Nel decreto Aiuti approvato ieri, infatti, è prevista una norma che consente alle banche di cedere il credito di imposta a tutte le partite Iva, alle società e ai professionisti loro clienti, «senza facoltà di ulteriore cessione». Ebbene, obbligare le partite Iva a fare le verifiche sui crediti acquistati è un onere che di fatto frena una misura pensata per ampliare la cessione del credito.

Quindi la proposta del M5s prevede una dichiarazione della banca sulla buonafede delle cessioni precedenti, liberando chi deve comprare il credito da eventuali future pendenze. C’è una scuola di pensiero a Palazzo Chigi, di cui è portatore il sottosegretario Garofoli, che ritiene percorribile questa strada, mentre al ministero dell’Economia c’è chi obietta che una dichiarazione del genere sarebbe quasi una sorta di sanatoria ex post. Il timore dei dirigenti del Mef è quello di mettere il timbro di legittimità anche su operazioni che potrebbero nascondere delle truffe. La discussione tra tecnici è in corso, la volontà politica di sbloccare questa situazione potrebbe dare la svolta.

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