Crisi governo Draghi, l’azzardo di porre condizioni per dire sì
Il timore di drenare altri voti a FdI sta spingendo Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ad alzare l’asticella delle richieste al premier. Così diventa più difficile ricomporre la rottura ancora virtuale provocata dai grillini
Gli occhi rimangono puntati sulle convulsioni del Movimento 5 Stelle, all’origine della crisi virtuale. Ma nelle ultime ore sta emergendo per intera la marginalità politica dei grillini.
Cresce invece la sensazione che le chiavi per la permanenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi siano in mano allo stesso centrodestra: quello di governo rappresentato da Lega e Forza Italia, non quello d’opposizione di Giorgia Meloni, anche se la convitata di pietra è lei. Il timore di drenare altri voti a suo favore sta spingendo Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ad alzare l’asticella delle richieste al premier. L’incontro di ieri nella residenza romana del fondatore di FI insieme con l’Udc è stato un segnale di larvata conflittualità verso Palazzo Chigi.
Per legittimarlo, i commensali hanno additato come un’«impudenza» il colloquio di ieri mattina tra Draghi e il segretario del Pd, Enrico Letta: un incontro alla fine bilanciato da quello avuto ieri sera a Palazzo Chigi dai leader del centrodestra col premier. Ma ha colpito la decisione di porre a Draghi condizioni che complicherebbero la crisi. Dichiarare che non si può continuare a governare con una forza inaffidabile come il M5S è stata una mossa prevedibile. Aggiungere, come recitava una nota della Lega, una grande insoddisfazione per il lavoro della ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, e del ministro della Sanità, Roberto Speranza, dà la sensazione di un «più uno» che inserisce variabili inaspettate; e renderebbe più intricata e difficile da ricomporre la rottura ancora virtuale provocata la scorsa settimana dai grillini.
Così, mercoledì alle 9:30 Draghi si presenterà in Senato per ottenere la fiducia, circondato da un caos che sembra già presagire la campagna elettorale. È quasi scontato che i 5 Stelle stiano per subire un’altra scissione, perché i vertici della Camera hanno annunciato che appoggeranno il governo, mentre le truppe del leader Giuseppe Conte sarebbero per il no. Ma l’esito della fiducia è in mano al centrodestra. E il modo in cui Salvini e Berlusconi raffigurano M5S e Pd come un’alleanza già fatta, ha il sapore di uno schema pronto per essere applicato in vista delle urne. Sempre che anche dentro Lega e FI non emerga una filiera filo-Draghi in grado di correggere l’impostazione dei due leader.
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