Mara Carfagna: «Lascio Forza Italia e scelgo Calenda per salvare il Paese dagli estremismi. E spero in Draghi»

di Paola Di Caro

La ministra dopo l’addio a Forza Italia: non potevo restare. Avrei barattato la mia coscienza e le mie idee con una poltrona

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È stata una lunga e sofferta riflessione. Ma Mara Carfagna ha deciso: «La scelta più difficile, anche umanamente per la riconoscenza che devo a Silvio Berlusconi, è stata quella di lasciare FI. Il passo successivo è stato più semplice. Oggi formalizzerò la mia candidatura con Azione di Carlo Calenda, che rappresenta a mio giudizio l’unica proposta politica capace di salvare il Paese da una nuova stagione di estremismi».

Perché Azione?
«Perché ha una proposta europeista, liberale, garantista, fedele al patto europeo e occidentale, capace di dire la verità agli elettori, di prendere impegni seri e poi di rispettarli fino in fondo, e quindi in sintonia con tutto ciò in cui credo da sempre».

Nel centrosinistra si discute ancora su come presentarsi: crede in un’alleanza di Azione con i progressisti di Letta o sarebbe più utile una corsa solitaria?
«Sono una persona pragmatica, e per me la domanda è un’altra: qual è la soluzione più utile per costruire, nel prossimo Parlamento, un’area moderata capace di incidere sulle scelte di governo e di far pesare le ragioni dell’impresa, delle famiglie, dell’Italia stanca di salti nel buio? La risposta arriverà presto. La corsa “in purezza” sarebbe bellissima e anche più facile, ma so bene che le regole del sistema elettorale non la aiutano».

Ma quali sarebbero in caso i rischi di corsa solitaria del centro e quali quelli di una sorta di «fronte anti-Meloni» che potrebbe far perdere consensi sia a destra che a sinistra?
«Non vedo rischi nella corsa solitaria, se non quello di un meccanismo elettorale che penalizza moltissimo chi non si associa ad altri. Non ho scelto Azione per partecipare a un fronte “contro” ma per dare una speranza a chi crede in questo Paese, nella sua possibilità di crescita, ed è stufo di irresponsabilità politica».

Quale è il suo giudizio sul Pd, per come si è mosso nel governo e per come si sta ponendo?
«Non mi piace fare l’opinionista sulle scelte degli altri, ma è ovvio che il Pd è stato preso in contropiede dalle scelte di Giuseppe Conte e capisco il momento di confusione. Pensavano di “normalizzare” il M5S, i fatti dimostrano che era una missione impossibile».

Si parla di «agenda Draghi», e anche di Draghi come premier nel caso in cui nessuno schieramento dovesse prevalere: se accadesse, lei ci spera?
«Da cittadina vorrei avere Mario Draghi premier anche nella prossima legislatura, e i sondaggi ci dicono che oltre metà degli italiani, compresi tanti elettori del centrodestra, la pensa allo stesso modo. Mi candido con Azione anche perché è il solo partito a dire apertamente che Draghi sarebbe ancora il premier ideale. Se questo non dovesse accadere, il nostro compito è continuare ad applicare il metodo di lavoro sperimentato fino al 20 luglio: pragmatismo, serietà, capacità di decidere».

Berlusconi si dice «amareggiato»: ha provato a trattenerla? E come?
«Ho avuto una lunga conversazione con Berlusconi, che ha speso bellissime parole di apprezzamento per il mio lavoro. La stima reciproca rimane intatta. Ma non potevo restare in un partito che, davanti a una scelta di crisi, tra salvare il Paese ed esporlo a un’ennesima avventura, prende la seconda strada senza neanche chiedere: quali sono i rischi per le categorie, per le imprese? Che succede al Piano di Ripresa se revochiamo la fiducia?».

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