Feluche, toghe e barbe finte
La verità è che in questo caso c’è un dato che smentisce la ricostruzione degli anonimi 007: la miccia sotto il governo Draghi è stata accesa da Giuseppe Conte, cioè il personaggio che fino a tre settimane fa Letta aveva scelto come interlocutore privilegiato. Se lui non avesse messo in moto il meccanismo della crisi, avremmo ancora Draghi a Palazzo Chigi e le urne chiuse. Salvini, anche volendo, non avrebbe potuto far nulla. È un dato incontestabile per chiunque sia onesto sul piano intellettuale. Come pure non si può dimenticare che le riserve sulle armi a Kiev di Salvini si sono fermate alle parole, mentre è stato Conte a fare passi in Parlamento per chiedere al governo un cambio di rotta. E ancora: mentre la tournée a Mosca del leader della Lega si è fermata ai depliant dell’agenzia di viaggio, il Dibba che divide con Giuseppi la leadership dei pasdaran grillini ha trascorso settimane a zonzo fra Siberia e Cremlino. Quindi, se si vuol parlare di «fattore P», cioè di Putin, quello investe soprattutto Conte e non Salvini. Il primo a saperlo dovrebbe essere Luigi Di Maio se non è stato alla Farnesina solo di passaggio.
P.S. Questo non toglie che Salvini per evitare una campagna elettorale in cui si parli solo di «fascismo» o di «fattore P», non debba dire parole chiare sull’atlantismo e sull’Ucraina. Siamo di nuovo alla guerra fredda ed è complicato, se non impossibile, andare al governo senza aver dato garanzie ai nostri alleati internazionali.
IL GIORNALE
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