Grillo regola i conti nei Cinque Stelle: candidati del territorio e simbolo intoccabile
L’imposizione della regola dei due mandati
, calata dall’alto come dimostra l’imbarazzato commento di Conte rilasciato al Fatto quotidiano, «ha espresso la sua opinione consapevole che la decisione spettava a me»,
può essere vista come la decisione di ripartire da zero, oppure di
spegnere le insegne del Bar a Cinque Stelle, che ormai non riconosce
più. Senz’altro gli è servita per regolare i conti con quelli che nelle
assemblee gli davano del «rincoglionito» e insinuavano che l’appoggio al governo Draghi derivava dalla necessità di tutelarsi con il processo del figlio Ciro
, immemori del fatto che è un uomo molto vendicativo.
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Non è un «muoia il M5S con tutti i
filistei», è qualcosa che somiglia più alla mozione di sfiducia verso
il modo in cui è stato guidato nell’ultimo anno il Movimento. Non è la
svolta all’insegna dell’ortodossia ritrovata, piuttosto una manovra
percepita anche da chi gli è rimasto fedele come pura tattica di sbarramento,
la prima di altre che verranno. All’orizzonte sempre più ristretto dei
Cinque Stelle si profilano infatti altri scogli mascherati da questioni
di principio.
Grillo non ha alcuna intenzione di cedere sul principio della territorialità,
candidati che corrono solo dove hanno radici, senza paracadute nei
listini proporzionali di altre regioni. Anche per questo alcuni nomi di
un certo peso e di un qualche richiamo, vedi alla voce Chiara Appendino, stanno alla finestra in attesa di sapere quali saranno le regole di ingaggio.
Non sfugge a nessuno che senza
posti sicuri da promettere, l’acqua nella quale nuota Conte si fa
sempre più bassa. Se anche qui non ci fosse alcuna deroga, alcuni suoi
colonnelli, primo tra tutti il triestino Stefano Patuanelli,
non hanno alcuna possibilità di tornare a Roma, se non come turisti. Da
statuto, Grillo pretende che la selezione dei potenziali deputati passi
dalla strada delle Parlamentarie, nonostante i tempi stretti. Conte chiede invece un sistema misto,
che gli consenta di distribuire le non molte carte che gli rimangono in
mano, calando dall’alto qualche nome a lui caro. A questo punto pare
difficile che possa superare il muro del garante.
L’ex presidente del Consiglio aveva chiesto il permesso di cambiare il simbolo.
Gli è stato risposto che bisogna evitare le personalizzazioni. Quanto a
un suo coinvolgimento vecchio stile, Grillo ha già fatto sapere che non
intende essere disturbato. Forse si farà vedere alla chiusura della
campagna elettorale. Se sarà dell’umore giusto e le cose verranno fatte
come dice lui, al massimo chiuderà la campagna elettorale.
Ma i tempi e l’impegno dello Tsunami Tour del 2013 sono
ormai un ricordo sbiadito. La mossa dei due mandati forse è un
tentativo di ritorno alle origini. Ma può preludere al sipario che cala.
Anche su Beppe Grillo.
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