Calenda: «Con una coalizione così ci facciamo ridere dietro. Ho chiesto cose precise, aspetto risposte da Letta»
di Maria Teresa Meli
Calenda: chiediamo un incontro per definire i punti programmatici comuni. Mai un nostro voto a Di Maio, Fratoianni e Bonelli, vadano al proporzionale
«Siamo molto delusi dalla discussione con il Pd. Abbiamo iniziato un percorso con Enrico Letta che parlava di agenda Draghi. Oggi quell’agenda è totalmente sparita. Abbiamo presentato un documento preciso su come intendiamo governare il Paese. Non abbiamo avuto alcuna risposta». Carlo Calenda non ci sta a passare per quello che sta menando per le lunghe la trattativa con i dem. Secondo il leader di Azione è vero il contrario, è Letta che sta prendendo tempo: «È una settimana che gli chiedo di rispondermi ed è una settimana che entrano nella coalizione persone che rappresentano il contrario di quello che dovremmo fare».
Calenda, faccia un esempio.
«Letta invece di far entrare Marco Bentivogli fa entrare Federico D’Incà che non ha votato la fiducia. Come si fa? Questa coalizione sta diventando una roba improponibile: ci facciamo ridere dietro. Non vinceremo mai così. Con +Europa abbiamo scritto una lettera che stiamo per inviargli dopo avergli detto 70 volte a voce quali erano le nostre condizioni. Ma Letta sparisce. Ci sta portando avanti da una settimana».
Quindi rompete?
«Nonostante questo, non chiudiamo la porta al dialogo. Abbiamo chiesto a Letta due cose precise, non chiacchiere e appelli. Primo, non un voto di Azione e +Europa può andare a Di Maio, Fratoianni e Bonelli. Visto che il Pd ci tiene tanto a candidarli lo facesse nel proporzionale e nella lista Democratici e progressisti. Noi non candideremo negli uninominali Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, che pure sono ministre in carica del governo Draghi, proprio per trovare tutte le soluzioni che uniscono. Secondo, va bene avere programmi diversi. Ma non contraddittori. Chiediamo un incontro per definire i punti programmatici comuni».
Letta vi ha avvertito: «Il tempo passa».
«Ha ragione. Ma la palla è nel campo del Pd e così la responsabilità di ciò che deciderà di fare. Il segretario dem deve darci una risposta presto. Che non può essere l’appello all’unità perché questa non è una risposta. Basta, Letta decidesse sennò non si chiude e ognuno farà i conti con la propria coscienza».
Calenda però al Pd dicono che è lei che non decide.
«Ma come faccio a decidere se Letta non mi risponde! Lui usa questa strategia: io gli chiedo “Scusa mi dici qual è la posizione sui rigassificatori?” e lui mi risponde “Sono buono, tengo dentro tutti”. Non funziona così: questa non è una proposta di governo. Sta accumulando una contraddizione dietro l’altra. Ogni giorno ce n’è una».
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