Le risposte da dare a un paese in crisi

Annalisa Cuzzocrea

Se per il centrosinistra c’è una strada, non può che passare da qui. Da accordi che mettano da parte i veti e le conventio ad excludendum, gli odi recenti e quelli passati, i bisticci, le liti, le rivendicazioni. Da leader che – finalmente – si sforzano di capire: dov’è che possiamo andare, insieme? Cos’è che si può offrire al Paese, in alternativa a una destra il cui partito principale è alleato di quel Viktor Orbán che dice no al mescolamento delle “razze” e la cui seconda forza politica ha un rapporto non risolto con la Russia di Vladimir Putin?

Fino a ieri, da una parte c’era una coalizione – quella composta da Fratelli d’Italia, Lega Nord e Forza Italia – e dall’altra un insieme scomposto di fazioni in lotta tra loro, con al centro un unico polo attrattivo: il Partito democratico. Che con un sistema elettorale come quello attuale la parte frammentata andasse verso la rovina, era puro esercizio matematico. Chi pensa – ce ne sono molti – che un terzo polo “moderato” avrebbe fatto la differenza togliendo più voti a destra che a sinistra, non ricorda quanto accaduto in questo Paese negli ultimi anni. In cui la cosiddetta “destra liberale e moderata” fatica a emergere mentre avanza – sempre di più – quella sovranista e populista. Che neanche il dramma del Covid è riuscito ad arginare, nonostante davanti a un’emergenza nuova e terribile da quella parte dello schieramento politico siano arrivate solo risposte confuse e contraddittorie.

La storia recente insegna che quando c’è da allearsi per le politiche, per la presa dei palazzi e del potere, il centrodestra smette per incanto di litigare, almeno fino al giorno del voto. Nonostante Fratelli d’Italia e Lega abbiano posizioni molto diverse sulla guerra in Ucraina, con una Giorgia Meloni ultra-atlantista e un Matteo Salvini ben più incline a capire le ragioni della Russia, nessuno dei due leader ha mai messo davvero in dubbio di correre insieme. Trascinando con sé Forza Italia e Silvio Berlusconi, disposto a perdere un pezzo importante della sua classe dirigente pur di sentirsi ancora al centro di qualcosa. Chi si stupisce oggi, non ricorda forse che nel 2006 – quando dall’altra parte c’era l’Unione – il Cavaliere aveva accolto nella sua coalizione anche Alternativa sociale di Alessandra Mussolini, che al suo interno aveva la Forza Nuova di Roberto Fiore.

Enrico Letta aveva di fronte due strade per il Pd: dimenticare il tradimento dei 5 stelle sul voto di fiducia al governo Draghi, acclimatarsi con la loro posizione confusa su Russia e Ucraina, subirne gli istinti anti-sistema tornati in auge già dopo la sconfitta delle amministrative, attendere perfino il ritorno di Di Battista dalla Siberia per capire se gli sarebbe toccato concedergli un collegio uninominale, e andare avanti con l’alleanza faticosamente costruita negli ultimi anni. Sorbendosi pure gli “album degli zombie” di Beppe Grillo e il solito armamentario, violento e vittimista insieme, da cui evidentemente il Movimento non ha voluto liberarsi.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.