La Bce lancia il salvagente a Roma: dieci miliardi per calmare lo spread

Fabrizio Goria

Lo scudo è entrato in funzione. La Banca centrale europea (Bce), in tutto il mese di luglio, ha comprato 9,8 miliardi di euro in bond italiani, perlopiù titoli di Stato, iniziando il reinvestimento del Pandemic emergency purchase programme (Pepp), che conta su una potenza di fuoco da 1.700 miliardi di euro. E lo ha fatto sulla base dello schema emerso a inizio luglio, con la divisione fra Paesi “neutrali, donatori e beneficiari”. I Baltici nel primo caso; Germania, Paesi Bassi e Francia fra i secondi; Italia, Grecia Portogallo e Spagna tra i beneficiari. E incrociando i dati relativi all’ultimo mese emerge che gli acquisti di bond tedeschi sono calati di 14,3 miliardi di euro, mentre sono schizzati quelli sui Btp.

Lo aveva annunciato e, finora, la promessa è stata mantenuta. Così Christine Lagarde durante l’ultima conferenza stampa del 21 luglio scorso: «La flessibilità nei reinvestimenti dei riscatti in scadenza nel portafoglio del programma di acquisto di emergenza pandemica (Pepp) rimane la prima linea di difesa per contrastare i rischi al meccanismo di trasmissione (della politica monetaria, ndr) connesso alla pandemia». Detto, fatto. Nei primi 30 giorni di reinvestimento del Pepp, dopo circa un semestre di sostanziale equilibrio negli acquisti, il volume di titoli del Tesoro oggetto delle operazioni della Bce è aumentato, sfiorando quota 10 miliardi di euro. In alto anche gli acquisti sulla Spagna, 5,9 miliardi di euro, e sulla Grecia, 1,1 miliardi. In netta flessione, come scritto, la Germania, poco più di 14 miliardi di euro, ma anche Paesi Bassi, meno 3,4 miliardi, e Francia, meno 1,2 miliardi. In altre parole, lo schema che era trapelato prima della riunione di luglio. Ed è possibile che un accordo del genere sia il risultato di un compromesso fra un maggiore supporto per i Paesi vulnerabili, come richiesto da Italia e Spagna, e un incremento del tasso d’interesse più corposo a luglio, come domandato dal Fronte del Nord, composto da Germania, Olanda, Austria, Finlandia e parte dei Baltici.

La prima trincea contro la frammentazione, dunque, sta funzionando. E potrebbe non essere necessaria, a meno di fluttuazioni pre-elettorali e volatilità legata al conflitto in Ucraina, l’attivazione del Transmission protection instrument (Tpi), lo scudo anti-spread presentato il 21 luglio. Che poi, come spiegato da fonti interne della Bce, sarebbe la seconda linea di protezione per l’area euro, senza limiti e con la completa discrezionalità del Consiglio direttivo di Francoforte. La terza sono le Outright monetary transactions (Omt), lanciate nel 2012 da Mario Draghi.

Per ora, come rimarcato anche da Goldman Sachs, la rete di protezione messa in piedi dalla Bce sembra reggere. «Gli strumenti messi in campo sono convincenti», hanno spiegato gli analisti della banca statunitense. Concorda anche Spyros Andreopoulos, senior economist di Bnp Paribas, che ritiene che il pacchetto di misure di Lagarde sia «credibile nel medio termine». Merito del fatto, secondo gli esperti, di non aver chiuso la porta a interventi più significativi. L’essere “senza limiti”, come sottolineato dalla Bce, è stato accolto con positività dagli investitori internazionali.

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