I cinque segnali che preoccupano Taiwan
Sono giorni carichi di lavoro e tensione per il ministero della Difesa di Taiwan che ogni giorno, quasi in tempo reale, si appresta a diffondere note ufficiali e comunicati sulla crisi scoppiata con la Cina. L’account Twitter del dicastero taiwanese è diventato una bacheca di numeri, mappe e immagini. I vari cinguettii indicano quanti caccia o navi cinesi hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan, i modelli dei veicoli nemici e le varie risposte delle #ROCArmedForces, intese come le forze armate della Repubblica di Cina, come si definisce l’isola in opposizione alla Repubblica Popolare Cinese. Solo il 7 agosto ben 11 navi e 66 caccia delle forze armate cinesi sono stati individuati nelle aree intorno all’isola.
In uno degli ultimi aggiornamenti, la Difesa di Taipei ha informato di aver fatto decollare i suoi caccia per mettere in guardia una ventina di aerei cinesi, 14 dei quali responsabili di aver superato la linea immaginaria che separa gli spazi aerei e marittimi cinesi e taiwanesi. Più in generale, Taiwan ha sintetizzato le recenti manovre cinesi come un possibile tentativo di attacco simulato. Sia chiaro: al di là del messaggio, non significa necessariamente che la Cina invadrà l’isola nel giro di qualche ora o giorno. Pechino potrebbe infatti lanciare un’offensiva a breve, così come potrebbe anche non utilizzare la leva militare e tentare la “riunificazione” con altri mezzi. Il punto è che, forse, anche Xi Jinping ha voluto lanciare un messaggio emblematico diretto al mondo intero: possiamo conquistare Taiwan quando vogliamo.
In un simile scenario si sono venuti a formare due fronti contrapposti: gli analisti che ritengono improbabile, se non impossibile, un invasione cinese a Taiwan e quelli che, al contrario, sostengono che un assalto di Pechino non sia più utopico come qualche anno fa. In merito a quest’ultima presa di posizione, e mettendo in ordine i fatti accaduti nelle ultime ore, troviamo almeno cinque indizi che rendono per lo meno plausibile il verificarsi del worst case scenario. Coincidente, appunto, con un’invasione.
1. L’ombra di un attacco anfibio
In risposta alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan, la Cina ha dato il via a imponenti esercitazioni militari che coinvolgono l’intera area marittima che circonda l’isola. Navi e jet da guerra cinesi hanno più volte superato la linea mediana dello Stretto di Taiwan, mentre una decina di missili è stata sparata dalla terraferma in direzione Taipei, nelle acque circostanti. Il quotidiano cinese Global Times ha focalizzato l’attenzione su un fatto specifico. Nel quarto giorno di manovre militari, le esercitazioni di Pechino si sono concentrate sulla capacità di effettuare un attacco terrestre e un assalto marittimo con operazioni aeree e navali congiunte. In particolare, il Comando del teatro orientale dell’Esercito popolare di liberazione (Pla) ha riferito che le attività si stanno concentrando “sull’attacco terrestre congiunto e sugli attacchi aerei a lungo raggio”. Azioni del genere aprirebbero la strada alle forze di sbarco anfibie per lanciare un eventuale assalto alle spiagge taiwanesi, qualora dovesse aver luogo una (complicata) operazione di riunificazione per via militare.
2. Sempre più caccia cinesi vicino a Taiwan
Nel caso in cui dovesse scoppiare una guerra tra Stati Uniti e Cina, ha sottolineato Bloomberg, uno dei fattori scatenanti potrebbero essere i sempre più frequenti incontri tra caccia cinesi s taiwanesi vicino a Taiwan. Il motivo è semplice: i jet cinesi entrano in aree considerate off-limits da Taiwan, mentre Taipei risponde inviando i suoi mezzi per intercettare gli aerei nemici e respingerli. Questo tipo di incontri ad alta quota è delicatissimo, perché basta un errore per scatenare una crisi senza precedenti. Il rischio che ciò possa accadere è aumentato notevolmente, visto che la Cina sta inviando più jet del solito, per altro guidati da soldati esperti. Lo scorso mercoledì Pechino ne ha schierati 22, il record dal 2020. Il casus belli – leggi: l’abbattimento di un velivolo – è dietro l’angolo.
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