C’è anche chi non alza la voce e parla al cervello e al cuore
Davanti alle nuove frontiere dell’etica moderna, alle nuove possibilità che i diritti della persona rivendicano, dalla culla alla morte, Matteo Zuppi, innovando la posizione della Chiesa, ha detto che farebbe il battesimo di un bambino nato da una maternità surrogata e che avrebbe celebrato il funerale di Piergiorgio Welby. Posizioni nate da una idea di Chiesa dell’amore e dell’accoglienza che è il filo rosso dell’esperienza pastorale di Zuppi. Il presidente della Cei non rinnega le posizioni del Vaticano su queste materie, ma invita chi crede a mettersi sempre in ascolto degli altri e in un atteggiamento di condivisione della sofferenza umana. Un’attitudine commentata così da Mina Welby, che, dopo una battaglia condotta con Marco Cappato per strappare suo marito alle sofferenze, si vide rifiutare per lui il funerale religioso: «Accanto a Rosma Scuteri, malata di Sla, “diversamente credente”, come diceva lei, ho conosciuto don Matteo Zuppi. Era parroco di Santa Maria in Trastevere. Lui prima di essere prete è uomo, essere umano. Cerca di capire le sofferenze delle persone e, in semplicità, è accanto a loro, senza giudicare le loro scelte. Sono felice della sua stima e so che il funerale a Piergiorgio lo avrebbe fatto».
Piccole cose, forse, in questo caos urlato. Eppure l’umanità e il pensiero sono progredite quando i due fratelli separati, identità e apertura, si sono incontrati. Quando ciascuno, fiero del proprio pensiero, ha accettato la contaminazione con l’altro da sé, convivendo con la diversità. Non ci si nega, non ci si dissolve. Ma ci si apre, curiosi di nuove idee e del confronto con esse. Un premier che non smette di invocare coesione, anche quando questa non lo riguarda più personalmente e un cardinale che si apre a chi può fare scelte che la sua fede non accetta, ci stanno forse indicando una strada.
Forse passa da qui il vero cambiamento possibile. Forse è in questo difficile equilibrio tra identità e dialogo che sta anche la grandezza, smarrita, della politica. Ce lo ricorda ancora Matteo Zuppi: «Per Paolo VI la politica è la più alta forma di carità. Per molti, e soprattutto per i giovani, invece, la parola ha assunto una connotazione negativa, che rimanda a giochi di potere, a interessi personali, alla corruzione. Ma la disillusione e la rabbia possono indurre a credere che siano reali le soluzioni urlate, facili, a qualsiasi prezzo. Il mondo va cambiato e farlo non solo è bello ma è indispensabile, oltreché possibile. Sarò un inguaribile “ragazzo”, ormai vecchio, ma questo sogno non l’ho perduto. E mi si ripresenta ogni volta che ascolto il Vangelo e con i sentimenti di Gesù guardo il mondo e le tante sofferenze dei più piccoli. Come si fa a lasciarle così?».
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