Calenda: “Con Matteo ci sarà un patto. Terzo polo argine anti-destra. Letta? Ha fatto una cavolata”
A proposito, le deve raccogliere per candidarsi?
«No,
abbiamo diritto all’esenzione, non c’è alcun dubbio. Ma, visto che è la
prima volta che viene stabilita per un solo parlamentare eletto in una
lista, ho chiesto anche vari pareri pro veritate. C’è stata una
comunicazione in questo senso da parte del Parlamento europeo, che
immagino il Viminale abbia girato alle Corti d’Appello».
Tornando alla rottura con Letta, lei non pensa di avere delle responsabilità?
«Solo
di essere stato ingenuo, di essermi fidato che il nostro patto sarebbe
stato rispettato. C’era scritto che il Pd poteva siglare altre alleanze,
ma certo non sottoscrivendo accordi che, di fatto, disconoscevano
quello con +Europa-Azione. A un certo punto, non ho più capito con quale
intesa ci saremmo presentati davanti agli elettori. Nell’ultima nostra
riunione gli ho detto: “Enrico stai facendo la cavolata della tua vita,
la gente così non capirà, sembriamo Frankestein, io non posso starci”.
Quindi, la scelta l’hanno fatta loro, come fu per l’alleanza con M5s».
Giannini intervista Calenda: “Letta voleva tenere capra e cavoli, dovrà spiegarlo lui agli elettori”
Ma accusano lei di far vincere la destra.
«Non
sono io che mi sono rimesso con quelli che hanno votato la sfiducia a
Draghi, è Letta che ha detto una cosa agli italiani e ne ha fatta
un’altra. Dovrà spiegare lui agli elettori perché devono votare uno che
si è opposto all’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato. O perché Di
Maio viene candidato dal Pd a Bologna, uno che diceva che lì i dem
rubavano i bambini. Con l’attuale schema di gioco, così non riesci a
intercettare il voto moderato, di chi non si sente rappresentato da
questa destra. Allora tanto valeva fare l’accordo con Conte, almeno i 5
stelle portavano qualche voto in più».
Ora finisce che fa campagna elettorale contro il Pd?
«No,
io mi sto solo difendendo. Dopo la mia decisione mi hanno scatenato
contro di tutto, ho detto pubblicamente ai miei di non rispondere. Ma
non accetto che Letta dica che lui non sapeva, su questo non posso non
replicare».
Tornando ai moderati, per prendere quei voti serve il terzo polo?
«Non
è solo necessario, è fondamentale. Se noi non ci fossimo, si creerebbe
un vuoto enorme per gli elettori moderati e nessuna possibilità di
sottrarre voti alla destra».
L’obiettivo, quindi è la non vittoria di Meloni, cioè puntate a un pareggio?
«Sì,
ma lo abbiamo sempre detto, del resto eventuali governi di centrodestra
o centrosinistra, con queste alleanze, non reggerebbero un giorno.
L’obiettivo, sperando che i cittadini ci diano i voti sufficienti, è
arrivare a una maggioranza Ursula, costruendo una coalizione larga che
chieda a Mario Draghi di rimanere a palazzo Chigi».
Giannini intervista Calenda: “Con il terzo polo la destra non vincerà. Meloni va fermata al proporzionale al Senato”
Ne ha parlato con lui?
«Non mi permetterei mai.
Lo vedremo dopo, intanto pensiamo a non far vincere la destra. E, se non
vince, credo che si dissolverà, a cominciare dalla leadership di
Salvini e da quello che resta di Forza Italia. Così potrà crearsi
un’area popolare che manca in Italia, ma che già esiste in Europa».
Quindi, da parte vostra nessuna politica dei due forni dopo le elezioni?
«No,
perché c’è un forno, quello sovranista, che è estremamente pericoloso.
Ho calcolato che finora il centrodestra ha fatto promesse che valgono
200 miliardi di euro, dalla flat tax al resto. Berlusconi credo sia al
quinto miracolo italiano, roba che neanche Gesù Cristo. Noi siamo
all’opposto, per le cose concrete da fare e per il metodo Draghi, saper
dire dei sì e dei no netti».
Pensa anche lei che, se vincono loro, ci sia il rischio di un’emergenza democratica?
«No,
la democrazia non è in pericolo, ma c’è un rischio di declassamento
dell’Italia, da grande Paese europeo a piccolo Paese emarginato. La
situazione è difficile, abbiamo un debito monstre, rischiamo di andare a
gambe all’aria. E aggiungo che Giorgia Meloni dovrebbe dire parole
chiare sul fascismo, perché non può presentarsi in Europa in modo
credibile senza aver risolto la questione. L’alleanza con Orban non ci
porta solo in serie B, ma anche fuori dai tavoli dove si decidono i
fondi del Pnrr e i dossier più importanti».
Però Meloni sembra avere la strada spianata per la vittoria, o no?
«Non
credo proprio, non c’è niente di scritto, proprio perché c’è un ampio
mondo moderato che non vuole votare a destra o a sinistra e aspetta una
proposta alternativa di buon senso. Meloni va battuta sul terreno del
proporzionale, al Senato. Io mi candiderò lì e andrò in Veneto, dove ho
preso un fracco di voti alle Europee, andrò in Lombardia, nelle
valli dove votavano la Lega e ora la gente non li vuole più sentire.
Andrò porta a porta a spiegare alle persone che votare quelli significa
portare al disastro l’economia e la società italiana. La mia sarà una
battaglia strenua, peccato non possa farla con Letta».
Vede che ci ripensa?
Perché era una cosa che si
doveva fare e mi dispiace. Bastava che Letta avesse il coraggio di
accettare la sfida riformista, facendo fare al Pd la sua parte a
sinistra. Peccato, perché io e lui, spalla a spalla, potevamo vincere».
E lei e Renzi, invece, dove potete arrivare? A che risultato puntate?
«Io
e Renzi non so, anche perché ancora non c’è un accordo. Noi come Azione
vogliamo fare un’operazione simile a quella di Roma, puntando su temi
concreti. Nella corsa al Campidoglio, all’inizio, ci davano al 6%, poi
abbiamo preso il 20%».
Nonostante la chiamino il “Churchill dei Parioli”…
«Ho detto più volte che non ho mai abitato ai Parioli in vita mia. Questo non vuol dire che non venga da una famiglia agiata, ma c’è chi pensa che, siccome mia madre fa la regista, sia come Spielberg, con uno yacht da 50 metri e l’elicottero. I registi in Italia non sono così, ma proprio non gliela faccio a spiegarlo»
LA STAMPA
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