L’Italia (quasi) blu

Ilario Lombardo

ROMA. Quando i risultati delle proiezioni dell’Istituto Cattaneo arrivano a Montecitorio, nell’ultimo giorno di aula prima delle ferie, tra i deputati del Pd le reazioni sono due. Prima, lo choc: i seggi assegnati al centrodestra sono saliti a 245 su 400 alla Camera, e 122 su 200 in Senato. Poi, il sollievo: «È molto improbabile – sentenziano i ricercatori – che il centrodestra ottenga una maggioranza dei 2/3 in entrambe le camere». C’è stata una novità importante nelle ultime 72 ore, e l’analisi di Salvatore Vassallo e Rinaldo Vignati ne tiene subito conto nell’aggiornare i dati sulle elezioni del 25 settembre. Lo strappo di Carlo Calenda con la coalizione di centrosinistra e l’ipotesi, a questo punto molto concreta, di un Terzo polo formato da Azione e Italia Viva di Matteo Renzi, in grado di superare la soglia di sbarramento del 3%, impoveriscono ulteriormente il già magro bottino di seggi dell’area guidata da Enrico Letta.

Rispetto alla stima precedente, l’alleanza tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega conquisterebbe il 61% dei seggi alla Camera, e il 69% al Senato. Numeri vertiginosi che rendono naturale chiedersi se avesse ragione il segretario del Pd a chiamare a raccolta un fronte repubblicano a difesa della Costituzione. È tecnicamente possibile che la destra riesca ad avere i due terzi del Parlamento e a realizzare il sogno del presidenzialismo, snobbando le altre forze politiche e senza passare dal referendum popolare previsto dall’articolo 138 della Carta? E’ possibile, anche perché non è che gli avversari stiano facendo qualcosa per evitare di aiutare Giorgia Meloni e i suoi alleati. Ma per il professor Vassallo «è davvero difficile che la coalizione di centrodestra possa ottenere di più del 46% su base proporzionale». Ricordiamolo: la legge elettorale, il Rosatellum, ha una parte proporzionale e una maggioritaria. Secondo l’Istituto Cattaneo, per raggiungere la quota necessaria per le modifiche costituzionali, il centrodestra dovrebbe aggiudicarsi 6 collegi uninominali in più al Senato (dei 9, pochissimi, che al momento conserva il centrosinistra) e 20 collegi alla Camera (dei 23 di Letta&Co). Una catastrofe poco probabile, sostiene Vassallo, a meno che non naufraghi l’operazione Calenda-Renzi, perché «lo spazio di crescita percentuale del centrodestra è saturato: è già notevolmente ampio ed è così dal 2019».

La ricerca sviluppa le proiezioni sulla media dei sondaggi dell’ultimo mese («tendiamo a diffidare da quelli dell’ultima settimana») e sulla base dei risultati delle Europee, indicatore affidabile riguardo alla distribuzione territoriale del voto. Dunque la griglia di partenza dei consensi virtuali sarebbe questa: centrodestra 46%, centrosinistra 30% (Pd, Più Europa, Sinistra-Verdi, Impegno Civico), M5S 11%, Calenda-Renzi 6%. Il leader di Azione è convinto che sia possibile una battaglia di contenimento sul proporzionale e che il ruolo del Terzo polo sia proprio quello di rosicchiare voti a Meloni e agli alleati. Difficile però fare previsioni. Certamente, dice Vassallo, per produrre un effetto che alteri l’equilibrio dovrebbe arrivare da destra una quantità di voti almeno pari a quella registrata attualmente dalle rilevazioni . «Ma sono fenomeni idraulici che non sono confermati dalle intenzioni di voto del momento». In realtà, non è ancora così semplice stimare l’impatto di questo nuovo soggetto, non essendo mai stato messo alla prova in una competizione nazionale. Non è improbabile che sia il Terzo polo sia il M5S – esclusi o usciti dal campo largo tentato da Letta – svolgano poi «un ruolo dinamico nella campagna elettorale». All’orizzonte, qualcosa il professor Vassallo intravede. «I 5 Stelle potrebbero rimobilitare un elettorato che si è disaffezionato ed è rifluito vero l’astensione».

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