Serve un vaccino per i negazionisti
Annalisa Cuzzocrea
Il problema di questa campagna elettorale – e la diatriba sul Covid di ieri lo ha dimostrato – è la totale assenza del principio di realtà. Non sono tanto la noia, gli attacchi precostituiti e sempre gli stessi, le schermaglie a suon di video tra Matteo Renzi ed Enrico Letta che avremmo preferito non vedere, perché dopo otto anni magari un capitolo si può chiudere e andare avanti. Il problema di questa campagna elettorale – e la diatriba sul Covid di ieri lo ha dimostrato – è la totale assenza del principio di realtà. La scomparsa dei fatti, usa dire ora, anche quando si tratta di una tragedia nazionale cominciata nel marzo 2020 e, duole ricordarlo, ancora in corso. Ultimo bollettino, 17 agosto 2022, 128 morti.
Se avesse un maggior senso della realtà, se non pensasse che bastano gli slogan a stravincere perché tanto il campo avverso si sta cannibalizzando da solo, il centrodestra non attaccherebbe la candidatura di Andrea Crisanti nel Pd accusandolo di essere quello delle “chiusure”, del Green Pass, del film autoritario e illiberale che devono aver visto al cinema Matteo Salvini, Giorgia Meloni e no vax del calibro di Gianluigi Paragone, perché in realtà nel nostro Paese nulla di illiberale è successo. Non c’è stata una dittatura sanitaria, ripetiamo l’ovvio, ma uno stato di emergenza che è iniziato e finito. Che ha avuto dei tempi dettati da un Parlamento e da un governo riconosciuti, ma soprattutto, da quello che stava succedendo nelle nostre case, nei nostri ospedali, nelle nostre cliniche, tra i nostri anziani.
Se vigesse il principio di realtà, il leader della Lega sarebbe il primo a riconoscere – come ha fatto l’ex ministro allo Sviluppo Giancarlo Giorgetti, come hanno fatto i governatori di Veneto e Friuli Venezia-Giulia Luca Zaia e Massimiliano Fedriga – che a essere totalmente sbagliata è stata la risposta della destra davanti al Covid. Con le sue ambiguità, quando va bene, sui vaccini. I suoi continui attacchi su principi di precauzione che la stragrande maggioranza dei cittadini e degli imprenditori hanno accettato perché, semplicemente, non c’era un altro modo di proteggersi. E di proteggere chi in una comunità è più fragile.
Tutti gli strumenti che la destra bolla nelle sue cartoline social come dittatoriali, vaccino obbligatorio ed esteso ai più piccoli, green pass, chiusure, sono i mezzi che hanno portato il Paese fino a qui. In piedi. Protagonista anche di una lieve ripresa che sarebbe potuta durare, se non fossero arrivati la guerra in Ucraina, la crisi energetica e l’inflazione a sconvolgerla.
Le ricette dei governi Conte e Draghi hanno funzionato per quanto potevano fare in un Paese in cui la sanità è stata da decenni protagonista di tagli, disinvestimenti, legami insensati con la politica locale. Mentre scriviamo la Calabria chiama 500 medici da Cuba perché non ha abbastanza personale per rispondere alle esigenze di base della sua popolazione. Una forza politica dovrebbe pensare a questo, prima di fare di un virologo il simbolo di tutti i mali per poter ripetere la propria tiritera falsa: senza cautele sarebbe andato tutto bene. Anzi, sarebbe andata meglio.
Come andrà se a settembre questo virus che ancora uccide si rafforzerà di nuovo? Nessuno se lo augura, nessuno di noi vuole neanche prendere in considerazione l’idea, ma chi fa politica ha il dovere di pensarci. Cosa faranno Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini se il Covid tornasse a riempire ospedali e terapie intensive? Toglierebbero l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni? Eviterebbero ogni misura di precauzione? Sono pronti a una campagna vaccinale d’autunno adeguata? A giudicare dalle loro parole e dai loro attacchi, sembra proprio di no. Vige il pensiero magico: non servirà.
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