Lezioni da Kabul, un anno dopo

Biden vorrebbe redistribuire sugli alleati le responsabilità della difesa europea, ma le resistenze tedesche e italiane sono la punta dell’iceberg: molti sul Vecchio continente sono affezionati al parassitismo militare, è conveniente vivere sotto l’ombrello della sicurezza americana, la ricostruzione di una vera cultura della difesa è ancora un sogno. Putin nei prossimi mesi può contribuire ancor più a risucchiare gli Stati Uniti nell’impegno in Europa: autorevoli think tank come l’Atlantic Council e la Rand Corporation sostengono che il leader russo farà di tutto per cercare uno scontro diretto con la Nato e con gli Stati Uniti, perché è l’unico modo per rendere «presentabile» la sua sconfitta.

L’Invincibile Armata che Xi Jinping ha mobilitato per terrorizzare Taiwan, e dissuadere l’America da ogni velleità di difesa di quell’isola, ha accelerato in Asia delle dinamiche simili a quelle europee. Da un lato Giappone, Corea del Sud, Australia (e nelle retrovie anche India, Indonesia, Filippine, Singapore) aggiornano le loro analisi sull’espansionismo di Pechino e cominciano a valutare cosa sarebbe un Indo-Pacifico alla mercé della marina militare cinese. Ma anche in Oriente, come in Europa, il fronte dei Paesi spaventati dalla Cina è lungi dall’essere compatto e determinato a trarre tutte le conseguenze militari.

Taiwan, proprio come l’Ucraina, è un’altra conferma della teoria dell’impero «su invito». Ambedue queste nazioni chiamano l’America, di cui condividono i valori, a riempire un vuoto di sicurezza. Nel caso di Taiwan è evidente come un livello di prosperità economica e di diritti umani tra i più alti del pianeta sia stato consentito dalla Pax Americana che in Estremo Oriente ha garantito la libertà di commerci e di navigazione, la stabilità, l’ordine, in modo non dissimile da ciò che fu nel suo periodo aureo la Pax Romana nel Mediterraneo.

Nella storia del Novecento solo 14 anni separarono un’altra débacle americana — la fuga umiliante dal Vietnam nel 1975 — dalla vittoria degli Stati Uniti nella guerra fredda contro l’Unione sovietica. Dai verdetti unanimi sul suo declino irreversibile, l’America si è già risollevata in passato. Xi e Putin possono avere sbagliato l’interpretazione su Kabul e le loro mosse successive sarebbero tutte inficiate da quell’errore. Però continuano a pensare che il tempo è dalla loro parte. Una crisi costituzionale all’interno degli Stati Uniti in occasione dell’elezione presidenziale del 2024, e un logoramento della solidarietà europea sulle sanzioni a Putin, potrebbero rovesciare ancora una volta lo scenario. La vibrante condanna che Mosca ha scagliato contro la visita della Pelosi a Taiwan, in perfetta sintonia con gli umori di Pechino, e la partecipazione dell’Esercito di liberazione popolare cinese alle manovre congiunte con l’armata russa — sia pure insieme ad altre nazioni — confermano che per adesso Xi e Putin restano convinti che la loro lettura del dopo-Kabul sia destinata a prevalere.

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.