Meloni l’autartica, nel programma lo stop alla vendita di aziende all’estero
Qui occorre spiegare un po’ di cose. La prima: il progetto è quello di cui si discute da anni. Oggi la rete è sotto il controllo di Tim (privatizzata nel 1998), che ne ha il controllo. Nel frattempo il governo Renzi ha lanciato, con il sostegno di Enel, una seconda rete in concorrenza, Open Fiber. Il primo passo è stato l’ingresso nell’azionariato della società privatizzata di Cassa depositi e prestiti la quale, nei piani più recenti, dovrebbe acquisire il controllo delle reti di Tim e Open Fiber insieme ai fondi di investimento Kkr e Macquarie. Quando Meloni dice che «la rete deve essere pubblica» esclude la possibilità che nell’azionariato ci siano soggetti stranieri? La risposta a questa domanda non c’è, ma è decisiva ai fini della fattibilità dell’operazione. La rete unica non è mai nata è perché costa carissima a chiunque vuole realizzarla: il socio numero uno di Tim (il finanziere francese Vincent Bolloré) l’ha valutata fra i 31 e i 34 miliardi, più o meno il valore dell’ultima legge Finanziaria.
Fratelli d’Italia non ha fin qui presentato un suo programma economico, se non quello (generico nei dettagli) dell’intera coalizione di centrodestra, e dunque occorrerà attendere gli eventi. Nel frattempo più prosaicamente Meloni promette dell’altro: l’introduzione di un obbligo di fidejussione bancaria verso tutti gli imprenditori «non comunitari» a garanzia del pagamento delle tasse in Italia. «Non permetteremo più il gioco dell’apri e chiudi di chi agisce nell’illegalità». Sembra un chiaro riferimento alle attività commerciali di origine cinese.—
LA STAMPA
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