Ecco tutta la verità sulla Flat tax. Aiuta le famiglie e costa 13 miliardi
Trenta miliardi. No di più. Forse ottanta. Passando per i cinquanta che fa sempre cifra piena e dunque facile da ricordare. Sono i numeri buttati a caso sul costo della Flat tax proposta dal centrodestra e fortemente avversata dal centrosinistra che, per stroncare sul nascere ogni idea di cambiamento del regime delle tasse in Italia, parla di cifre roboanti instillando il dubbio che una riforma proposta da Salvini, Meloni e il Cav debba essere necessariamente a favore dei ricchi. Non solo. Per rafforzare la tesi distruttiva qualche parlamentare ha parlato di una regime che, invece di due, prevede ben 18 aliquote.
Per cercare di fare chiarezza Il Tempo ha cercato di studiare, con attenzione e consultando i promotori, la sola proposta di legge in materia che la coalizione di centrodestra abbia presentato e che rappresenta la base di ogni ragionamento sul tema. L’unico progetto di “tassa piatta” rintracciabile negli archivi parlamentari è quello presentato dalla Lega in Senato il 27 maggio del 2020, nel pieno del governo Conte due. Si tratta del ddl A.s. 1831. Un testo seguito dal leghista Armando Siri. E, come ha spiegato durante la conferenza stampa con il leader della Lega, Salvini, frutto di un lavoro nato da un’interlocuzione costante tra i tecnici del partito e l’amministrazione finanziaria per «più di un anno», e dunque legittimamente nella pienezza di poteri del governo gialloverde.
Un lavoro informale di confronto con le Finanze che garantisce una ragionevole fondatezza alle cifre e all’impianto elaborato. Il provvedimento è comunque complesso. La parte che il Carroccio vorrebbe avviare è quella relativa alla cosiddetta famiglia fiscale nella quale rientrano dipendenti e pensionati. Quella che il partito di Salvini chiama la Fase due e tre. La uno, è infatti, già stata attuata con la Flat tax alle partite Iva fino a 65mila euro, che ora dovrebbe essere ampliata fino a 100mila.
Famiglia fiscale
Nella Fase due a beneficiare del nuovo regime sarebbero tre tipologie di
famiglie fiscali: i single con redditi fino a 30mila euro, le famiglie
monoreddito fino a 55mila e quelle bireddito (con due stipendi) a 70mila
euro. Una suddivisione non campata in aria. I tecnici che fanno capo a
Siri sono partiti dalla classificazione elaborata dal Dipartimento delle
Finanze del ministero dell’Economia nei suoi studi. Visti i limiti di
reddito e la certezza che la Fase tre, che prevede l’imposta unica per
tutti i nuclei fiscali a prescindere dal reddito non partirà subito ma
dopo attenta valutazione della Fase due, si può già affermare che il
modulo da avviare non avvantaggia i super ricchi vista la soglia oltre
la quale la riforma si azzera (settantamila euro nel caso del nucleo con
due redditi). Superati questi limiti, infatti, il contribuente rientra,
automaticamente, nel regime attuale dell’Irpef con le quattro aliquote.
La base imponibile
La cifra sulla quale si applica l’aliquota unica (15%) è determinata con una serie di deduzioni (cioè valori si sottraggono al reddito dichiarato) legate esclusivamente alla composizione della famiglia. Si inizia da una sottrazione per tutti, che parte da un minimo di 13mila euro e alla quale se ne aggiungono altre per i carichi (figli o familiari presenti nel nucleo). Questi valori però non sono fissi ma si riducono gradualmente con il crescere del reddito. La prima certezza è che, secondo questo principio, la nuova tassazione prevede una no tax area di almeno 13mila euro, che è già più alta di quella attuale. Per riepilogare con la riforma avviata chi guadagna circa 1.100 euro al mese non paga un euro di Irpef. Così, confutando le critiche, i percettori più poveri sono al riparo da sorprese.
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