Il suicidio politico dei partiti senza idee
Annalisa Cuzzocrea
Per un attimo, una delle questioni cruciali che il Paese si troverà ad affrontare nei prossimi mesi attraversa la campagna elettorale più brutta del mondo. Con un tweet in cui Guido Crosetto mostra come la Germania abbia deciso di abbassare l’Iva sul gas naturale al 7 per cento, commentando: “Qualcuno si muove”. L’esponente di Fratelli d’Italia si era distratto e non ricordava che il governo Draghi – secondo il suo partito fonte di ogni male insieme a quelli che lo hanno preceduto – l’Iva sul gas l’ha abbassata al 5 per cento da un anno, e che quella misura è già stata prorogata fino alla fine del 2022. Strano ma vero, l’esecutivo tirato giù dal centrodestra e dal Movimento 5 stelle è stato tra i più attenti a non far pesare i rincari energetici sui cittadini.
E quindi sì, anche Crosetto ha fatto un tweet fuori dalla realtà, ma forse lo è meno di tutti quei partiti che si stanno dedicando quasi esclusivamente a un altro tipo di campagna elettorale riassumibile in: elimina il tuo vicino così in lista ci vai tu. Questo distacco abissale dai problemi che abbiamo di fronte, questa guerra di filmini, filmati e vecchi post, questa corsa a delegittimare le liste altrui o i programmi altrui o semplicemente l’altrui diritto ad esistere, è lo spettacolo indecente che si trovano davanti gli italiani che già in gran parte – il 40 per cento – non sono intenzionati a votare. Perché dovrebbero, se i temi scompaiano dietro congiure, insulti, interferenze russe, duelli social tra virologi e No vax, premier europee progressiste che ballano, addirittura, guerre di meme e cartoline social, Salvini secondo cui Letta non suda, Meloni diciannovenne che difendeva Mussolini, blocchi navali impossibili che sono slogan per lanciare soluzioni altrettanto impossibili, segretari ed ex segretari Pd che se le danno di santa ragione, cene dem nel frusinate con annesse minacce alla Gomorra, parlamentari che dicono di accettare le candidature «con coraggio» perché non in collegi automaticamente vinti, proposte di flat tax che non farebbero che divaricare le diseguaglianze, quote 41 per le pensioni che costerebbero 65 miliardi di euro. Poi non dire dei parenti, dal Pd alla Lega ai 5 stelle, passando chiaramente per le non mogli di Forza Italia, non se li fa mancare nessuno.
Non siamo solo sfortunati e non è neanche colpa del fatto che negli ultimi venti anni abbiamo pensato che bastasse votare il nuovo, o quello che gridava più forte, per far sì che il rinnovamento arrivasse davvero. Tutto questo lo dobbiamo a una legge elettorale scellerata, frutto di un patto tra forze politiche che negli ultimi anni hanno pensato solo ed esclusivamente alla loro autoconservazione. La battaglia è tutta interna ai partiti, non ha nulla a che vedere con il mondo fuori, non lo cerca, non lo prende in considerazione, perché è come se ci fosse una torta da spartire già decisa in base ai sondaggi. C’è stato un tempo, pare di ricordarlo ma a questo punto è difficile anche esserne sicuri, in cui nei collegi difficili si mandavano i candidati forti. Per vincerli. Un tempo in cui contavano le facce le campagne i legami con le persone, non il numerino in lista. Ci sono state le corruttele legate alle preferenze, i capibastone che controllavano i voti, certo, c’era anche quello.
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