Ambiente, come cambiare l’aria

A cura di ALESSANDRO BARBERA

Le buone intenzioni e le parole d’ordine non mancano mai. Ma di fronte alle immagini di spiagge e città devastate dai cicloni estivi val la pena leggere con attenzione i programmi elettorali dei partiti e gli impegni sull’ambiente, la più importante e globale delle sfide di lungo termine della politica. Quelli che leggete qui sotto sono una sintesi di quel che propongono i quattro poli principali. C’è chi dedica al tema le primissime righe (il Partito democratico), chi se ne occupa al punto dodici di quindici (il centrodestra). Il programma del terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi è il più analitico anche quando parla di ambiente. Ma se nel programma del Pd – alleato degli ecologisti – le parole d’ordine della sfida sono sottolineate con enfasi, nei progetti di Calenda e Renzi c’è il realismo del governo Draghi e di un Paese dipendente dal gas. L’opposto del programma Cinque Stelle, che si concentra solo sulle battaglie di grillina memoria: l’economia circolare e le «tecnologie obsolete per i rifiuti». E in effetti da lì è partita la valanga che ha fatto crollare il governo Draghi: il no al termovalorizzatore per Roma.

Tetto al prezzo del gas, pochi impegni sul resto

Nel programma unitario del centrodestra di governo (a disposizione non ce ne sono altri) l’ambiente è il punto dodici di quindici. C’è l’impegno a «rispettare e aggiornare gli impegni internazionali dell’Italia per contrastare i cambiamenti climatici», la «definizione ed attuazione del piano strategico nazionale di economia circolare in grado di ridurre il consumo delle risorse naturali», un «piano per la tutela e la salvaguardia delle acque marittime ed efficientamento delle reti idriche», la «promozione dell’educazione ambientale», il «rimboschimento e piantumazione di alberi sull’intero territorio nazionale» (tema caro al Cavaliere), l’incentivazione «all’utilizzo del trasporto pubblico». Nella pagina precedente, quella dedicata all’autosufficienza energetica, il programma è ancor più generico, se non in due punti: sì al tetto al prezzo del gas e un chiaro impegno al «pieno utilizzo delle risorse nazionali». Per dirla in sintesi: al centrodestra non manca il realismo necessario a una grande economia industriale, si avvertono meno la spinta ideale e una strategia per evitare il peggio all’ambiente. 

No alle centrali nucleari, sì ai rigassificatori

Non si può negare ad Enrico Letta di prendere sul serio il problema. Alla riga 11 di trentasette pagine di programma si legge: «Dobbiamo agire subito. Le ondate di calore e la siccità estrema indicano chiaramente come il futuro del nostro pianeta, del nostro benessere sociale e della nostra economia siano indissolubilmente legati». Per avere più dettagli sulla strategia energetica bisogna ripartire da pagina 14: «Per un domani senza fonti fossili già oggi gli investimenti devono il più possibile concentrarsi sull’energia pulita e non inseguire la discussione sulla costruzione di centrali nucleari». Altra cosa, dicono quelli del Pd, «è il tema dei rigassificatori, il ricorso ai quali appare necessario a condizione che possano essere smobilitati ben prima del 2050». Ciò che il programma di Letta non ammette è – una volta escluso il ricorso al nucleare – l’impossibilità di raggiungere l’indipendenza energetica con le soli fonti pulite, sole e vento. Manca ad esempio qualunque riferimento al rafforzamento delle estrazioni di gas nei mari territoriali, un tema sul quale la coalizione di sinistra è divisa.

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