Morta la figlia di Dugin, l’ideologo di Putin: l’auto esplosa in viaggio, probabile attentato. “Erano insieme, lui ha cambiato macchina all’ultimo momento”

Darya Dugina, 30 anni, commentatrice politica e figlia di Oleksandr Dugin – considerato l'”ideologo di Putin” – è morta a seguito dell’esplosione della sua auto alla periferia di Mosca. Il fatto è avvenuto verso le 21.45 locali di sabato nei pressi del villaggio di Velyki Vyazomi, a circa 20 chilometri a ovest rispetto alla capitale russa. Secondo le prime informazioni, la donna era alla guida di una Toyota Land Cruiser Prado di proprietà del padre e sulla quale non c’erano altri passeggeri. Le autorità russe hanno aperto un procedimento penale per omicidio, in relazione all’esplosione dell’auto con a bordo la giornalista e politologa Daria Dugina nella regione di Mosca. Lo riferiscono le agenzie russe citando il Comitato investigativo, che ipotizza la presenza di «un ordigno esplosivo» piazzato sull’automobile. «Un ordigno sarebbe esploso, dopo di che il Suv ha preso fuoco», si legge nel rapporto degli inquirenti, riportato da Ria Novosti.

Dopo la deflagrazione – hanno raccontato alcuni testimoni – l’auto si è rovesciata ed è finita fuori strada. Il corpo carbonizzato (e irriconoscibile) della vittima è stato recuperato dai soccorritori giunti sul posto. In alcuni video – diffusi in rete – si vede Dugin disperato, con le mani nei capelli, a pochi metri dall’auto in fiamme. Al momento l’ipotesi più probabile è che si sia trattato di un attentato: secondo alcune fonti lo stesso Dugin – impegnato in serata in una conferenza su “Tradizione e storia” vicino a Mosca (alla quale ha partecipato anche Darya Dugina come ospite) – avrebbe dovuto trovarsi in auto con la figlia, commentatrice televisiva, ma alla fine ha deciso di viaggiare su un’altra vettura. Oleksandr Dugin, consigliere di diversi politici, è un filosofo russo noto per le sue opinioni anti-occidentali, di estrema destra e neo-eurasiatiche.

Negli ultimi anni è stato definito dai media occidentali come uno degli ispiratori della politica estera di Vladimir Putin, mentre la stampa russa lo considera una «figura marginale» per le sue opinioni «ritenute troppo radicali anche dai nazionalisti». Nel 2014 – riporta Russia Today – è stato licenziato dall’Università statale di Mosca dopo il suo appello a «uccidere, uccidere, uccidere» gli ucraini. 

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