Gramsci e gli illusionisti che nascondono la crisi del gas
Ci fanno bere di tutto, in questo agosto alcolico da Papeete collettivo. Partiti scissi dal mondo reale ballano sui cubi spacciando fiumi di mojito elettorale e spargendo fumi di ricette psichedeliche per curare i mali del Paese. Vengono in mente gli appunti di Antonio Gramsci di un secolo fa. Politici che “ignorano la realtà, ignorano l’Italia in quanto è costituita di uomini che vivono lavorando, soffrendo, morendo; sono dilettanti che non hanno alcuna simpatia per gli uomini; sono retori pieni di sentimentalismo, non uomini che sentono concretamente”. Intendiamoci, non vogliamo e non dobbiamo indulgere alle derive qualunquiste e anti-politiche. Abbiamo già dato, e anche pagato. Prima con le accuse ai “professionisti della politica” del Berlusconi edizione 1994, poi con l’ideologia della rottamazione del Royal Baby Renzi edizione 2014, infine con l’odio irriducibile per la “Casta” del capocomico Grillo edizione 2018. Ma insomma.
Cosa dobbiamo pensare delle liste elettorali fatte e disfatte solo per lasciare posti ai soliti amici e agli amici degli amici, ai mariti alle mogli e ai parenti, ai big presunti e ai pigmei arrembanti, tutti lì a scannarsi per i collegi sicuri? Capi e segretari di partito dovrebbero rendere conto di queste miserie, consumate tra correntismo municipale e familismo amorale, senza dare frettolosamente e pilatescamente la colpa alla legge elettorale, che fa pena ma non giustifica candidature penose. Che vogliamo dire delle ombre russe sulla destra putinista, che tace e dunque acconsente mentre il falco Medvedev invita gli elettori europei a mandare a casa i loro “governanti idioti”?
Salvini dovrebbe dire una parola chiara sull’origine di questa “sindrome del Cremlino” che lui nega, ma di cui palesemente soffre da almeno tre anni. Come dobbiamo giudicare le risse ciociare della sinistra governista, dove il capo di gabinetto del sindaco di Roma e un ex europarlamentare candidato alle elezioni, manco fossero Aureliano e Spadino a Suburra, litigano furenti in mezzo alla strada, minacciando di ammazzarsi per motivi che ci rimarranno oscuri, ma che solo poche animucce candide possono davvero credere “calcistici”? Letta dovrebbe affrontare una volta per tutte l’imbarazzante “questione romana” del Pd e non limitarsi ad esigere passi indietro da nomenklature che paiono selezionate tra la spiaggia di Capalbio e l’Idroscalo di Ostia.
Potremmo continuare. Aggiungendo il vecchio video della giovane Giorgia, fervida mussoliniana in erba convinta che il Duce “ha fatto cose buone per l’Italia”, e il nuovo post del piddino La Regina, fervente palestinese in kefiah sicuro che “lo Stato di Israele non esiste”. Le pirotecniche televendite quotidiane del risorto Cavaliere dai suoi studi di Arcore e le meste confessioni del reietto Di Battista dall’abitacolo della sua automobile. Ci fermiamo qui, per carità e pietà. E torniamo a Gramsci, quello degli “Illusionisti”: “politicanti i quali, come cantava Figaro, fingono di ignorare quel che sanno e di sapere quel che ignorano… Si atteggiano a profondi quando non sono che vuoti… Cercano di nascondere le bassezze dei mezzi sotto la nobiltà dei fini”.
Invece di azzuffarsi su logore bufale reaganiane come la Flat Tax o su tarde suggestioni proudhoniane come l’orario di lavoro a 36 ore, la politica farebbe bene a parlare della vera, gigantesca nube che intossica l’orizzonte d’autunno. È la guerra del gas, che l’Europa sta perdendo. Basta fare un giro ai piani alti dei colossi dell’energia del nostro Paese, per rendersene conto. Chiunque, ai vertici, vi spiegherà la stessa, amara verità: “Putin, purtroppo, ha già vinto”. Noi potremo inasprire le sanzioni, introdurre nuovi embarghi, colpire gli oligarchi. Ma nulla fermerà lo Zar, che continuerà ad aprire e chiudere i rubinetti a suo piacimento, come sta facendo con Nord Stream Uno, incurante delle condizioni materiali del suo popolo, che può reggere crolli economici del Pil e del reddito infinitamente maggiori di quelli attuali, e che comunque continuerà a sostenerlo perché difende la Grande Madre Russia dal nemico occidentale. Il prezzo del gas continua a crescere a ritmi insostenibili, verso quota 270 euro per megawattora. Un altro 10 per cento in più negli ultimi due giorni. In queste condizioni, il sistema economico non regge. Lo ha spiegato nell’intervista al nostro giornale di ieri Gianclaudio Torlizzi, fondatore della T-Commodity, principale società di consulenza italiana per le materie prime: “La guerra dell’energia con la Russia è persa. Il mercato era già in grossa sofferenza prima dell’invasione dell’Ucraina, e non era in grado di sostenere un nuovo shock”. Ora lo shock è arrivato, e infatti non riusciamo a sostenerlo. Chi pensa che una trattativa con Mosca possa farci tornare a un prezzo di 20 euro per megawattora soffre solo di “whishful thinking”. Quel tempo non tornerà più. E dunque, già ora, il gas si trascina dietro l’intera filiera dei prezzi, e pesa in modo insostenibile sui bilanci di famiglie e imprese.
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