Ceramiche Noi, al lavoro prima dell’alba per risparmiare energia
Tecnologia e competenze
Un’epopea operaia eroica, fatta di disperazione e ostinazione, ma anche di visione, gusto, competenza. Questi undici avevano ereditato un’azienda che ormai erano solo quattro mura di capannone e un unico forno da ceramiche, lasciato lì dal vecchio padrone giusto perché smontarlo e portarlo in Armenia sarebbe costato di più. Hanno ricostruito tutto meglio di prima, letteralmente inventandosi macchinari nuovi là dove erano rimasti solo spazi vuoti e polverosi. Marco Brozzi, un operaio di 47 anni che è qui da quando ne aveva 14, ha disegnato le tecnologie che ora portano avanti la “Noi” al tavolino di un caffè nella piazza alta di Città di Castello e ha dato gli schizzi da realizzare a Roberto Albi, 45 anni, elettricista e programmatore autodidatta di software che a duecento metri da qui produce essiccatrici per il tabacco. Non ci sono titoli accademici in gioco («Ho un diploma da ragioniere, comprato» dice Brozzi con un sorriso perfido) ma c’è tanta competenza sul tessuto profondo di un mestiere artigiano trasferito al ventunesimo secolo. Ne sono usciti una spruzzatrice di smalto rotante del diametro di quattro metri; una pressa idraulica che tramite le forza dell’acqua preme l’argilla fresca sui suoi stampi, quindi imprime la loro forma ai piatti, ai vassoi e alle ciotole; una rifinitrice automatica che leviga i bordi e infine gli essiccatoi che riusano il calore del forno a gas e usano anche tanta elettricità per asciugare la terra di cui sono fatti i piatti e farne ceramica bianca e dura.
Meno sprechi
Tutto questo divora energia e di conseguenza si è mangiato anche il primo dividendo da diecimila euro ciascuno che i soci fondatori speravano di distribuirsi a metà di quest’anno. Avevano fatto di tutto per meritarselo. Per produrre di più e con meno sprechi si erano disegnati con l’aiuto di Albi, l’artigiano delle essiccatrici, un software a cui ciascuna macchina è collegata tramite un tablet per avere in ogni momento il quadro esatto di ogni passaggio in fabbrica. Per risparmiare sulla terra, hanno smesso di farla venire da Roma da quando l’incidenza del carburante è raddoppiata al 30% sul costo finale; si sono costruiti in casa un’altra macchina apposta. Per anticipare la grande scarsità di materiale da imballaggio, anch’essa frutto perverso del boom nei costi del gas, si sono indebitati per accaparrarsi carta e cartone a primavera scorsa. Ora fanno funzionare certe macchine elettriche solo la sera fino a mezzanotte e oltre, avendo calcolato un risparmio del 15% sulla bolletta.
Ordini da moda e lusso
Ma lo choc della guerra in Europa continua a allungare la sua ombra sull’epopea di «Ceramiche Noi». Il caolino che prima arrivava solo dall’Ucraina, materia argillosa che rende la ceramica così bianca, dura e smaltata, sta finendo. Dopo che farete? «Non lo so — dice Lorenzo Giornelli, che in azienda tiene i rapporti con i grandi clienti internazionali —. Abbiamo i libri strapieni di ordini fino all’anno prossimo, ci cercano i più grandi nomi della moda e del lusso, eppure faticheremo a chiudere il bilancio in pareggio». Sono le prime luci dell’alba, momento prediletto perché le lampadine si spengono ma si può ancora fare a meno di avviare gli impianti di aerazione. I volti degli azionisti operai sono segnati dalla fatica e dalla tensione del sentirsi preda di una tempesta molto più grande, lontana, ingovernabile dalle loro volontà di ferro. «Almeno potessimo fare previsioni, invece non sappiamo cosa sarà dei nostri costi tra tre mesi». Accanto a Lorenzo Giornelli, il responsabile di produzione Marco Brozzi tiene il naso incollato al cellulare: come fa di continuo ormai, sta controllando le quotazioni del gas al mercato dei futures di Amsterdam. «189 euro in questo momento, siamo al limite», fa a Giornelli. E accarezza una a una le sue macchine con un orgoglio che neanche Putin potrà mai piegare.
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