Inutile illudersi, sul gas serve il razionamento

Davide Tabarelli

Distruzione di domanda, suona male visto la guerra in corso, ma è quello che da mesi ci chiedono i mercati, quelli che sono stati lasciati dominare le vicende economiche della crisi, perché di misure alternative la politica non ne è trovate. I prezzi del gas del Ttf, Title of Transfer Facility, venerdì hanno chiuso al record storico di 245, dopo l’ultimo annuncio della russa Gazprom sulla chiusura per tre giorni del Nord Stream 1 dal 29 agosto. Occorre ancora ripetere che un anno fa eravamo a 27 €, due anni fa a 14, che le medie di lungo termine sono 20, che i costi di produzione in Italia e nel mondo oscillano intorno a 10, che il prezzo Usa, da dove partano i carichi di gas liquefatto, sono a 27. Sono fuori controllo i prezzi del Ttf, sono straordinariamente alti, ma, parafrasando la feroce verità dei traders, i prezzi sono troppo alti, troppo, solo quando la domanda crolla, ma qui di crolli non se ne vedono. In Italia, la domanda di gas dei primi 6 mesi del 2022 fa segnare un leggero calo del 2%, con l’industria che cala di più, ma con aumenti più marcati nella produzione elettrica da gas, perché l’idroelettrico è crollato, mentre le amate nuove rinnovabili, sole e vento, fanno poco, come al solito. La domanda elettrica sale, invece di calare, perché alcuni settori stanno andando bene, come il turismo, dove i clienti dei ristoranti e degli alberghi, soprattutto stranieri, vogliono aria condizionata, spesso a palla. Il calo di domanda rimane il solo strumento disponibile, non tanto per riportare equilibrio sul mercato, questo arriverà fra qualche anno, ma almeno per cercare di frenare la spirale rialzista. La distruzione arriverà già nei prossimi giorni, perché le imprese stanno leggendo le fatture di luglio, quintuplicate in alcuni casi, a livelli che impongono a settembre la chiusura.

È il primo assaggio di recessione, quella che ci aspetta per il prossimo inverno, quando, addirittura, l’Italia, assieme alla Germania, magra consolazione, rischia di rimanere al freddo, di dover fare, in alcuni giorni, razionamento. Avere le scorte piene è una condizione necessaria, ma non sufficiente per evitare questa evenienza. Tutti gli anni arriviamo in ottobre, all’inizio della stagione invernale, con le scorte piene, e serve tenerle piene, con alta pressione, per coprire la domanda nei giorni più freddi, quando, su base giornaliera, può raggiungere i 400 milioni metri cubi. In quei giorni le scorte coprono metà della domanda, 200 milioni, e le importazioni fanno il resto, con quel poco di produzione che ci è rimasto.

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