I fascisti di Predappio e le minacce alla stampa
Agli indifferenti, ai negligenti e ai riluttanti che ancora ignorano, negano o sottovalutano la necessità e l’urgenza di una parola definitiva di Giorgia Meloni sul fascismo, sarà utile spiegare quello che è appena accaduto al nostro collega Zancan. In una delle tappe dell’inchiesta avviata dal nostro giornale nei luoghi-simbolo del Paese, “l’Italia al voto”, Niccolò si è fermato a Predappio, dove riposa la salma di Benito Mussolini. Qui, da cronista onesto e oggettivo qual è, ha raccontato tutto quello che ha visto e sentito. La gran quantità di gente che tutti i giorni arriva da ogni parte d’Italia nel sacrario del Duce, e piange, ringrazia, si inginocchia. Non solo anziani nostalgici del Ventennio, ma anche ragazzi, fidanzati, famiglie. Zancan, senza caricature politiche né forzature ideologiche, ha descritto il museo “O Roma o morte, un secolo dalla Marcia”, di cui è responsabile l’avvocato Francesco Minutillo di Forlì, ex segretario provinciale di Fratelli d’Italia, che si dimise due anni fa dopo aver pubblicato su Facebook un post in cui invocava “nuove leggi razziali contro islamici e negri” e malediceva la nostra “schifosa Costituzione scritta dai maiali partigiani”. Niccolò ha parlato con il custode, Hermes Fantuzzi, che gli ha mostrato ciò che scrivono i visitatori sul registro delle presenze: “Onore a Mussolini”, “Dux”, “A noi”. Ha parlato con molti di loro, ciascuno dei quali ha ripetuto “finalmente tocca a noi”, “stavolta vinceremo a mani basse le elezioni, sarà un trionfo per Giorgia”. Abbiamo pubblicato il reportage sul giornale di ieri mattina. Subito dopo, Niccolò ha ricevuto la “simpatica” telefonata di una persona, di cui non faremo il nome, che urlando e minacciandolo gli ha detto: “Volevo ringraziarti, non ti preoccupare stai tranquillo, vengo ad abbracciarti io, ci vediamo presto…”.
È bene che questo squadrista in erba, e tutti quelli come lui, sappia che queste intimidazioni non ci spaventano e non ci fermano. Ma questo episodio conferma una volta di più che in Italia esiste e resiste una forma di “fascismo eterno”, come lo chiamava Umberto Eco, che ora si sente legittimato e destinato a guidare il Paese.
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