Chi ha ucciso Darya, la figlia di Dugin, a Mosca? Partigiani ucraini o oppositori interni?

di Guido Olimpio

La falla nella difesa che ha portato all’attentato in cui è morta Darya Dugina è un imbarazzo per il Cremlino, che nelle ultime ore ha subìto anche gli attacchi ucraini sul territorio della Crimea

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Il momento dell’esplosione del suv su cui viaggiava Darya Dugina (Ansa)

Ogni conflitto ha il suo lato oscuro, i misteri, le triple verità e l’assassinio di Darya Dugina rientra in uno scenario dove vale tutto.

Intanto c’è la Storia. Omicidi e agguati sono diventati una costante nello scontro tra i due popoli fin dalla Guerra fredda. Con nazionalisti fatti fuori all’estero ricorrendo ai veleni e gli incursori paracadutati dietro le linee in missioni con poche possibilità di sopravvivere. C’è spazio per le attività clandestine ma anche per le faide interne e le provocazioni. Le prime possono fare da schermo al resto. Ilya Ponomariev, ex deputato della Duma, critico del Cremlino e riparato a Kiev, ha invece indicato la pista di un gruppo russo anti-Putin, l’Esercito repubblicano nazionale. E aggiunge: altre mosse seguiranno. Ipotesi che ha bisogno di riscontri, come le altre.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina

Gli ucraini hanno dimostrato di poter organizzare sabotaggi, episodi cresciuti dopo l’inizio della crisi, con una combinazione di attacchi di forze speciali e partigiani in territorio russo e aree occupate. Mestiere, denaro, complicità aiutano ad arrivare lontano. Come i loro rivali. I servizi segreti di Mosca sono stati sospettati di aver innescato esplosioni in fabbriche di armi all’estero — ad esempio nella Repubblica Ceca nel 2014 —, depositi dai quali partivano armi destinate all’Ucraina.

Vicende con molti condizionali. Che continuano. Sabato due russi e un ucraino sono stati fermati mentre cercavano di entrare in un vecchio impianto militare in Albania. Una volta scoperti hanno usato un gas urticante ferendo un paio di guardie. Storia da decifrare. Come è da decriptare quanto è avvenuto nella regione ucraina di Kirovohard dove è stato freddato con un solo proiettile il capo dell’intelligence locale Oleksandr Nakonechny. Un delitto che segue settimane tempestose per gli agenti di Zelensky, con alcuni dirigenti importanti rimossi a segnalare regolamenti di conti personali o politici. E questo si lega al «clima» di Mosca.

I Dugin rappresentano dei bersagli dal valore simbolico, megafoni del nazionalismo, figure controverse, ideali per «spaccare» da vivi e da morti. L’attentato — chiunque sia il colpevole — rappresenta una falla nel cerchio di difesa. Alimenta dubbi, può innescare la caccia al traditore poiché qualcuno è riuscito, se è vera la ricostruzione, a collocare l’esplosivo sul Suv. Sono venute meno le regole di prevenzione. O semplicemente pensavano che nessuno avrebbe osato toccarli e non le avevano adottate. Dicono che il fuoristrada non fosse vigilato. Gli assassini, quindi, hanno messo insieme opportunità e target. Notevoli le similitudini nel duello Israele-Iran, con scienziati e generali fatti fuori in operazioni non rivendicate. Una partita definita segreta che si svolge però sotto gli occhi di tutti.

Sono fendenti in profondità, un imbarazzo per il Cremlino: non riesce a proteggere la Crimea e assiste a un attentato contro una personalità nota anche all’estero. Fatti con un margine di negabilità. L’incursione di un drone-kamikaze, il killer mascherato, la sostanza tossica nel cibo, una bomba magnetica piazzata sotto la vettura permettono a chi colpisce di mantenere una distanza dall’attacco. A sua volta, chi subisce può decidere quale tesi portare avanti. Infatti i separatisti del Donbass hanno subito chiamato in causa l’Ucraina mentre alcuni osservatori non escludono la provocazione, la manovra per ottenere svolte radicali usando il corpo di Darya.

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