Salvini frena Meloni: votiamo, poi sarà il presidente a scegliere
di Michelangelo Borrillo, inviato a Ceglie Messapica
Il capo leghista: «Io concorro per guidare il Paese». Poi il timore: «Non vorrei che i pm cambiassero l’esito delle urne»
«La partita finisce quando l’arbitro fischia». Sarà perché il suo arrivo a La Piazza — l’appuntamento politico di fine agosto organizzato da Affaritaliani.it con Comin & Partners — è contemporaneo all’ingresso in campo del suo Milan a San Siro, ma le prime parole di Matteo Salvini sul palco di Ceglie Messapica sono una metafora calcistica. L’assist al leader della Lega arriva dalla prima domanda del direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino: alle ultime elezioni Salvini fu il più votato ma il Quirinale non gli conferì l’incarico di premier; Giorgia Meloni, invece, nel caso il centrodestra vincesse e FdI fosse il primo partito non vede alternative alla sua ascesa a Palazzo Chigi. «A un mese dal voto mi sembra un dibattito prematuro — la risposta di Salvini — la Costituzione detta i modi e i tempi dell’incarico. Ma siccome sono un inguaribile ottimista — ed eccolo il gol, in contemporanea con quello del milanista Leao al Bologna — penso che la Lega possa diventare il primo partito. Poi dal 26 settembre Mattarella farà quello che riterrà opportuno».
E fa niente che i sondaggi non indichino una soluzione del genere, «perché c’è ancora tanta gente che deve decidere per chi votare: sono felice di concorrere per il mestiere più bello del mondo, il presidente del Consiglio del mio Paese». Se ci spera Salvini, perché non può farlo anche chi, a Palazzo Chigi, ha già «calcato il campo»? In collegamento con La Piazza c’è anche il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi per il quale, «nel panorama politico italiano c’è una sola figura che ha già dimostrato di saperci fare, un signore che ha creato la televisione libera, che ha governato il Paese per quasi 10 anni e che ha vinto con il Milan — ancora i rossoneri — il maggior numero di trofei al mondo: Silvio Berlusconi». Insomma, il centrodestra sembra vedere ostacoli solo all’interno della sua coalizione, non negli avversari politici.
Al massimo, i problemi possono arrivare dall’esterno. Il primo, secondo Berlusconi, è «l’astensione, il vero pericolo della democrazia». Il secondo potrebbe essere quello segnalato, dal palco, da Marcello Minenna, direttore dell’Agenzia delle Dogane che evidenzia, da economista, il pericolo dei «fondi speculativi che stanno caricando il bazooka con livelli paragonabili a quelli della crisi finanziaria globale». Il terzo pericolo è un timore di Salvini, che in un certo senso «scavalca» Berlusconi in un campo tanto caro all’ex patron del Milan adesso passato al Monza. «L’unica variabile non dipendente da noi — spiega il leader della Lega — è il tema della giustizia che va riformata: non vorrei che da qui al 25 settembre qualcuno potesse svegliarsi male e pensare di cambiare in un Tribunale il risultato della cabina elettorale». Poi, alla giustizia, ci penserà Giulia Bongiorno che «mi piacerebbe avere come ministro. Altri nomi? Non ne faccio, ma penso che quello dell’Economia e quello degli Esteri vadano annunciati nelle prossime settimane».
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