Pannelli solari condivisi, la riforma ancora a metà che potrebbe salvare l’inverno
di Elena Dusi
Più il prezzo dell’elettricità sale, più sono contenti. Non sono speculatori: anzi. Sono sindaci o cittadini riusciti ad accedere a un’iniziativa pubblica impervia dal punto di vista burocratico, ma che da qualunque lato la si guardi ha ricadute positive. Si tratta delle comunità energetiche rinnovabili.
I vantaggi
I cittadini o gli enti locali che vi partecipano realizzano impianti per produrre energia rinnovabile – perlopiù fotovoltaici – e poi ne condividono il consumo. Con tre vantaggi: non pagano l’energia prodotta dai loro impianti; ricevono un incentivo statale per ogni kilowattora prodotto dai loro impianti e condiviso tra i membri della comunità; se immettono l’energia in eccesso nella rete nazionale vengono ripagati ai prezzi correnti. Che sono vertiginosi. “Nella primavera 2020, da quando esistono le norme sulle comunità energetiche, un megawattora costava 20 euro. Ora siamo a oltre 500” spiega Sara Capuzzo, presidente della cooperativa “ènostra”, che effettua consulenze per chi vuole imbarcarsi in questa avventura. Avventura che però, nella maggior parte dei casi, è destinata a non approdare da nessuna parte, soprattutto per la carenza delle leggi che dovrebbero definire regole e incentivi. Le lacune, promettono al Mite, Ministero per la transizione ecologica, dovrebbero essere colmate entro dicembre.
Le norme che mancano
Di tempo, eppure, non ne è passato poco, da quando l’Europa nel 2019 ha emanato la direttiva Red II, secondo la quale nel 2030 l’Unione avrebbe dovuto produrre il 32% della sua energia da fonti rinnovabili. L’Italia si è affrettata a recepire la parte della direttiva che prevedeva le comunità energetiche alla fine del 2019, ma con grossi limiti di potenza degli impianti e di distanza fisica tra i membri. Poi, a dicembre del 2021, ha recepito la direttiva per intero, dando ampio respiro alle comunità energetiche con il decreto legislativo 199 dell’8 novembre 2021. Salvo poi mancare di approvare i decreti attuativi e le tabelle degli incentivi.
Le promesse del Mite: leggi entro dicembre
“Ci stiamo lavorando, anche insieme ad Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia e le reti, perché loro devono stabilire le condizioni di interconnessione nella rete, ma sono fiduciosa, entro la fine dell’anno le norme saranno complete, anche con l’ammontare degli incentivi” garantisce Valeria Amendola, direttrice generale della sezione approvvigionamento, efficienza e competitività energetica del Mite. Alle comunità energetiche, tra l’altro, sono legati 2,2 miliardi di finanziamenti del Pnrr per i comuni con meno di 5mila abitanti. Accanto alla scheda del progetto ora è scritto un laconico “da avviare”.
I pionieri
Gse, il Gestore dei servizi energetici, dal 2019 ha censito in tutto 35 comunità. Secondo un rapporto di Legambiente altre 60 comunità stanno lottando per venire alla luce o per essere allacciate alla rete (anche quello richiede mesi). Sono tutti impianti di dimensioni medio-piccole – poche decine di kilowatt – perché la normativa attuale ha un limite di potenza di 200 kilowatt. Le regole definitive arriveranno a un megawatt: 5 volte tanto. Gli aderenti alla comunità poi, con le regole attuali, devono essere collegati alla stessa cabina secondaria della rete elettrica: di fatto devono trovarsi a poche centinaia di metri tra loro. Le norme definitive estendono molto questo limite. Occorrerà essere collegati alla stessa cabina primaria, che copre anche Comuni diversi.
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